In questo nuovo capitolo discografico la band non snatura il suo sound rock, ma lo arricchisce di tinte blues che rendono le sonorità ancora più interessanti ed accattivanti.
Solita grande attenzione ai testi, anche stavolta inquieti e particolarmente arguti, che lanciano messaggi pungenti e critiche graffianti lasciando il segno ed invitando alla riflessione.
Molte delle canzoni possono sembrare poco fruibili, ma proprio in questa mancanza di immediatezza sta il loro grande fascino: il disco crea una sorta di “dipendenza” e chi lo comincia pian piano ad amare fa poi fatica a distaccarsene.
C’è chi la definisce “musica colta”, a noi piace semplicemente pensare che i Guignol siano un mondo a sé stante nel panorama italiano, senza doverli necessariamente etichettare.
Il cd si apre con “Quello che vi dirò” caratterizzata da un ritmo forsennato di basso ben supportato dalla chitarra blues. “Blues del buco” …. già parla da sé il titolo: il brano ha cambi di ritmo improvvisi che lasciano senza fiato.
“In omaggio il tuo dio” è forse il momento più alto: bellissimo il testo che evoca un paese dei balocchi in cui rifugiarsi per una sera a lustrarsi gli occhi e nascondere le orecchie, quasi a voler fuggire dalla vita quotidiana.
“Il torto” e “Padri e madri” ribadiscono il concetto: i Guignol hanno un sound del tutto personale e poco identificabile, difficile trovare un termine di paragone per loro.
“Girotondo” è un altro autentico gioiello.
“La scimmia” parte calma per esplodere nella parte centrale. La chiusura è affidata alla criptica title track in cui la voce recitata si fonde con il suono rarefatto e volutamente notturno.
“Addio cane!” spiazza, è lecito chiedersi che posto possa avere un disco del genere nel mercato di oggi, anzi è meglio non chiederselo perché forse non lo ha!
Recensione a cura di Piero Vittoria
Punteggio: 8