Una band le cui canzoni significano tanto per molti, per questo in tanti sono accorsi in massa portando in mano ognuno il proprio cuore per porgerlo ai tre di Badilson e chiedergli di farlo pulsare per due ore come nel corpo non accade mai. L’asfissiante caldo di questo Giugno romano ci piega ma non ci spezza ed è sorprendente come la natura abbia fornito all’uomo la capacità di resistere alle avversità quando in ballo c’è qualcosa di più grande. Dopo ore di attesa fuori dei cancelli, pressati gli uni con gli altri come sardine, entriamo nella pancia dello stadio e quello che ci troviamo davanti appena dentro il parterre è una scenografia leggermente più minimale rispetto al precedente Touring The Angel del 2006: semplicemente un megaschermo alle spalle della batteria e una semisfera luminosa in rilievo a sovrastarlo e che nel corso del concerto diventerà di volta in volta un occhio, un mappamondo, un orologio e tutto ciò che la fantasia di Anton Corbijn – storico fotografo della band e curatore della parte visiva dei loro show – è in grado di partorire. Il tutto, come al solito, molto elegante, sobrio e curato fin nei minimi dettagli.
Interessanti gli M83, il gruppo spalla che accompagna i DM in questo breve tour italiano. Elettronici, nel pieno rispetto dell’assunto che vuole i gruppi di supporto provenienti dal medesimo background sonoro della band che ne richiede le prestazioni, con reminiscenze di Bat For Lashes e, è sembrato, Kate Bush.
Ore 21:00, con sollievo tutti ci guardiamo negli occhi dicendoci che finalmente manca solo mezz’ora all’inizio e invece – sorpresa! – si abbassano le luci e s’illumina lo schermo. Il lento incedere dell’intro di In Chains è inconfondibile, la nave è in partenza. E’ il delirio. Assolutamente anticipato rispetto a quanto era scritto in calce al biglietto in nostro possesso.
La primissima parte del concerto è tutta dedicata al nuovo disco – un po’ fiacco per la verità – uscito due mesi fa. Il pubblico raccoglie, sembra dare un’occhiata a queste nuove creature, scrutarle con diffidenza e poi poggiarle sul comodino per ripassare forse più tardi. Prima vogliamo i Depeche veri.
Quello che fa comunque oggettivamente un po’ impressione è vedere quest’uomo, Dave Gahan, 47 anni, a cui per giunta è stato asportato un tumore non più di un mesetto fa, dare tutto sé stesso sul palco agitandosi e dimenandosi ininterrottamente manco fosse un ballerino adolescente nel pieno della vigorìa fisica.
Dopo il prologo dedicato al nuovo disco, ci si inizia a scaldare sul serio solo con Walking In My Shoes. E noi ci proviamo davvero a camminare nelle sue scarpe e a urlare con lui tutto il suo dolore passato, perché forse non erano davvero granchè comode quelle scarpe.
Poi, in sequenza, la tanto depechiana It’s No Good, tornata finalmente in scaletta, la tiratissima A Question Of Time, la dolce Precious, unico pezzo proveniente da Playing The Angel, e infine un regalo che non tutti sembrano avere apprezzato pienamente, quella Fly On The Windscreen che la band non proponeva da tempo immemore.
A metà concerto Dave lascia il posto, come al solito, a un intonatissimo Martin che ci regala due perle eseguite solo voce e piano: Little Soul e la bellissima Home, sul cui finale il pubblico fa partire il solito coro che lui sembra apprezzare tantissimo, tanto che un sorriso a trentadue denti improvvisamente gli accende, se possibile, ancora di più il volto reso già luminoso dai suoi proverbiali riccioloni biondi.
Dopo la parentesi acustica riecco Dave in tutto il suo splendore per un nuovo salto nelle sonorità dell’ultimo disco: Come Back prima e Peace poi, la cui versione dal vivo è resa più apprezzabile dal gran lavoro che Christian Eigner fa coi piatti alla batteria. Sulle note dell’ultimo singolo lo schermo rimanda diverse immagini che ritraggono le proteste in strada del ’68, i cortei dei figli dei fiori con le margherite tra le orecchie e i capelli lunghi, mentre nel frattempo la semisfera in alto si trasforma nel simbolo della pace. Molto azzeccato. Terminato il giusto pedaggio da pagare alla promozione del nuovo album, di cui non sentiremo più parlare per il resto della serata, ecco iniziare la seconda parte dello show.
Con, tanto per iniziare, il ritorno al periodo più sofferto della band, quello di Songs Of Faith And Devotion da cui ripescano il southern-rock pseudo-grunge di I Feel You e la claustrofobica In Your Room, prima di Policy Of Truth, uno degli highlights della serata, e ovviamente Enjoy The Silence prima del “grano”, che per chi conosce i DM è sinonimo di Never Let Me Down Again.
Pausa e ritorno in scena con la mastodontica Stripped, la dance vintàge di Master And Servant e, a chiudere, Strangelove, pure questa rispolverata in grande stile.
Finita? Manco per sogno! Vogliamo andarcene senza Personal Jesus ? E via con il celebre riffone blues a la John Lee Hooker divenuto oramai leggendario. Atmosfera finalmente incandescente, l’Olimpico sembra diventato un catino infuocato e davvero la voce non riesce più a venir fuori dalle nostre corde vocali, solo le labbra lasciano intravedere l’intenzione di cantare ancora qualcosa con le poche forze residue. Le ultime note sono quelle di Waiting For The Night, con Dave e Martin che condividono quell’attesa insieme a noi, in piedi sulla punta della passerella accompagnati solamente da un esilissimo filo di pianoforte.
Ed eccola arrivare, la notte, mai così ben accetta come stasera grazie alla compagnia dei nostri due fratelloni maggiori. E’ il loro augurio, la loro ninna-nanna. Fossero tutte così le notti.
Noi chiudiamo gli occhi ma prima di abbandonarci a un sonno sereno, appagato, profondo, snoccioliamo, come fanno i bambini, la lista di quello che vorremmo sognare ed è qui che un impercettibile velato senso di tristezza ci assale: cos’altro di più bello ci potrà riservare il mondo dei sogni dopo aver vissuto una serata così?
Recensione a cura di Valerio Di Marco
In chains
Wrong
Hole to feed
Walking in my shoes
It’s no good
A question of time
Precious
Fly on the windscreen
Little soul
Home
Come back
Peace
I feel you
In your room
Policy of truth
Enjoy the silence
Never let me down again
Stripped
Master and servant
Strangelove
Personal Jesus
Waiting for the night
Punteggio: 8