“Tunnel of Love” non è solo un titolo. È un luogo dell’anima. È l’immagine di un tunnel con luci intermittenti, di un carrello che avanza lento tra ombre e promesse. Per i Dire Straits, e soprattutto per Mark Knopfler, leader che poi ha abbandonato il gruppo per intraprendere la sua carriera di successo da solista, era anche un luogo fisico: il luna park di Spanish City, a Whitley Bay, una cittadina nel nord-est dell’Inghilterra dove il tempo sembrava essersi fermato.
Quando Knopfler scrive questa canzone nel 1980, è già diventato una figura di culto con l’album d’esordio della band e con il successo clamoroso di “Sultans of Swing”. Ma con Making Movies, il terzo disco, vuole andare oltre: vuole raccontare il cinema dei sentimenti. E “Tunnel of Love” è il suo film più ambizioso.
Una canzone che parte da un luogo reale
Lo Spanish City esiste davvero. Era un parco divertimenti aperto nel 1910 e divenuto simbolo nostalgico per generazioni di ragazzi della zona. Tra di loro anche un giovane Mark, che ci andava con il fratello. Non è un caso che nella canzone si citi proprio “Spanish City to me”: è la prima volta che i Dire Straits inseriscono un luogo reale in una canzone. Eppure, quel riferimento non è geografico. È emotivo. È la fotografia di un ricordo d’infanzia, il passaggio da un’età a un’altra.
Un intro rubato a Rodgers e Hammerstein
L’introduzione di “Tunnel of Love” è un omaggio. E una dichiarazione di stile. I primi secondi del brano sono una ripresa di “The Carousel Waltz”, tratto dal musical Carousel del duo Rodgers & Hammerstein. La scelta è curiosa, quasi azzardata per una band rock. Ma funziona. Perché ci porta subito dentro l’atmosfera da giostra, con la malinconia dei wurlitzer e dei cavalli a dondolo che girano a rallentatore. È come entrare in un film di Fellini ambientato sulla costa inglese.
L’assolo che ha cambiato il concetto di chitarra rock
E poi succede. A metà brano, quando la narrazione si interrompe e lascia spazio al suono puro, parte l’assolo. Due minuti in cui Mark Knopfler smette di raccontare con le parole e lo fa con le dita. Letteralmente: perché in “Tunnel of Love” non usa il plettro ( elo fa spesso anche in altri brani) ma il fingerpicking che lo ha reso leggendario. Nessuna distorsione, solo intensità. È come se la chitarra parlasse. O meglio: come se piangesse.
L’assolo di “Tunnel of Love” è spesso citato tra i più emozionanti della storia del rock. Non per tecnica ma per pathos. È struggente, lirico, epico. Fa parte di quel tipo di momenti che ti restano addosso come un ricordo personale, anche se non l’hai mai vissuto.
Una narrazione sospesa tra sogno e disillusione
Il testo della canzone racconta una storia d’amore giovanile, consumata tra giostre e baci rubati. Ma sotto la superficie c’è una riflessione più ampia: il tempo che passa, i sogni che cambiano forma, le promesse che si perdono nei corridoi bui della memoria. “Getting crazy on the waltzers, but it’s the life that I choose” canta Knopfler. È il manifesto di una generazione che ha conosciuto l’euforia e la sconfitta nello stesso giro di giostra.
Making Movies: il disco della svolta
“Tunnel of Love” apre Making Movies, il terzo album dei Dire Straits. Un disco che segna il distacco dal rock più lineare degli esordi e abbraccia una scrittura cinematografica, complessa, narrativa. È anche il primo album prodotto da Jimmy Iovine, già noto per il lavoro con Bruce Springsteen. Non a caso, in alcuni passaggi la canzone ricorda “Jungleland”, sia per l’impianto orchestrale che per la tensione narrativa.
Con questo disco, Knopfler abbraccia definitivamente la sua doppia identità di chitarrista e storyteller. Ogni canzone è un corto. “Tunnel of Love” è il più lungo, il più intenso, il più personale.
Lunghezza, struttura, coraggio
La canzone dura più di 8 minuti. Una follia per i canoni radiofonici del tempo. Ma la lunghezza non è un limite: è parte della narrazione. “Tunnel of Love” è costruita come una spirale, un crescendo che inizia lento e si avvolge su sé stesso. Versi, assolo, ripresa, chiusura. È un brano che va ascoltato tutto intero, senza saltare. Come si fa con le storie che meritano.
Un classico senza tempo
“Tunnel of Love” non ha una data. È ambientato nel tempo della memoria, quel luogo dove tutto può convivere: i sogni, i rimpianti, l’adolescenza, l’arte, l’illusione. Ancora oggi, ascoltarla significa entrare in una capsula emotiva, un carosello narrativo che non stanca mai. Tunnel of love è un classico senza tempo verbale.
Curiosità e chicche che (forse) non conosci
- La versione live di Alchemy (1984) è considerata da molti fan superiore a quella in studio, per intensità e dinamica dell’assolo finale.
- La citazione “from Cullercoats to Whitley Bay” è un riferimento reale alla linea di costa vicino Newcastle, molto amata da Knopfler.
- Bruce Springsteen dichiarò che “Tunnel of Love” era uno dei brani che avrebbe voluto scrivere lui.
- Nonostante la lunghezza, fu pubblicata anche in versione single edit da 4 minuti, oggi quasi introvabile.
- La canzone è stata usata in diversi documentari e serie TV, ma mai in uno spot pubblicitario: Knopfler si è sempre rifiutato.
Conclusione: quando il rock racconta l’anima
In un mondo che corre veloce e dimentica in fretta, “Tunnel of Love” resiste. Non solo come canzone, ma come esperienza sensoriale. È un tunnel che non spaventa, ma accoglie. Che non inganna, ma accompagna. E quando si arriva in fondo, si ha la sensazione di essere cambiati. Anche solo per otto minuti e diciassette secondi.
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