Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale (Teatro Mercadante e Teatro San Ferdinando) una Stagione – la 2019/2020 – ricca di titoli e di proposte che spaziano dai classici ai moderni ai contemporanei, tra prosa, danza, classici e ricerca.
Programmazione del Teatro Mercadante di Napoli
23 ottobre – 10 novembre 2019
LA TEMPESTA
La stagione del Teatro Mercadante 2019 si apre con l’ultimo capolavoro forse il più personale dei drammi di William Shakespeare, La tempesta per la regia di Luca De Fusco.
Prospero, spodestato dal ducato di Milano, dopo aver vissuto dodici anni in un’isola deserta con la figlia Miranda, con il selvaggio Caliban e lo spirito Ariel, usa i suoi poteri magici per scatenare una tempesta, far espiare al re di Napoli e al fratello Antonio le loro colpe e riacquistare il ducato perduto, non prima di aver propiziato il matrimonio della figlia con Ferdinando, figlio del re di Napoli. La tempesta è una favola pervasa da una visione rassegnata e insieme serena della vita. Lo spettacolo di La tempesta è un addio, annota De Fusco nelle sue note. L’addio di Shakespeare al teatro, l’addio ad un tipo di teatro che spezza la bacchetta magica e rinuncia alle sue magie, ormai superate dal tempo. Noi ne faremo un atto di addio al Novecento che deve subire l’arrivo del nuovo millennio. Eros Pagni sarà quindi un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un isola che non c’è.
Tutto è nella testa del mago, compresi Ariel e Calibano, che divengono in questa lettura una sorta di Jekyll e Hyde.
Il resto appare all’intellettuale novecentesco come pura barbarie millennial che non comprende, che riesce ancora se non a sconfiggere almeno a contenere, ma alla quale sa che dovrà alla fine arrendersi.
Un ragionamento sull’oggi, sul disgusto del nostro tempo che sempre più si diffonde in molti di noi e che credo renderà facile e struggente l’identificazione degli spettatori con Prospero.
12 – 17 novembre 2019
Heinrich Böll (1959): “… chi si serve pubblicamente delle parole mette in movimento mondi interi e nel piccolo spazio compreso tra due righe si può ammassare talmente tanta dinamite da far saltare in aria questi mondi…” Oggi diciamo facebook, twitter etc etc, ma Böll ci aveva messo in guardia in modo esemplare molto tempo fa. Portare in scena un romanzo implica di poter contare su interpreti che incarnino appieno i diversi personaggi concepiti sulla pagina dall’autore, ed è stata per noi una fortuna avere a disposizione un gruppo di attori – la Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – che ho immaginato immediatamente nelle diverse figure del libro. A loro si uniscono – finalmente sul palcoscenico, dopo le loro felici esperienze cinematografiche e nelle fiction televisive più seguite – Peppino Mazzotta, un artista giusto e completo, ed Elena Radonicich che ho trovato perfetta per dare vita a Katharina Blum.
dal 27 novembre all’8 dicembre 2019
Composto nel 1956 da Friedrich Dürrenmatt, geniale autore svizzero del secolo scorso, e adattato per un radiodramma nel 1961, La Panne affronta un tema capitale, e molto frequentato da Dürrenmatt: la verità.
Un agente di commercio, Alfredo Traps, ha l’auto in panne, e trova rifugio per la notte nella villa di un ricco giudice in pensione. Ogni sera, il giudice ospita altri amici pensionati, con i quali condivide un singolare passatempo: organizzare processi fittizi, a personaggi storici o a malcapitati di passaggio nella sua villa. Per andare a processo, non è necessario aver commesso un crimine – o perlomeno averne coscienza: nel gioco raffinatissimo dei vecchi pensionati, l’accertamento della colpevolezza può prescindere dall’accertamento dei fatti. È quello che succede al povero Traps, che nel corso di una cena luculliana si trova improvvisamente accusato di un omicidio che non sapeva di avere commesso. O meglio ancora: che era certo di non avere commesso. La bravura del pubblico ministero, però, si insinua nel racconto di Traps, lo deforma e lo forza quasi impercettibilmente, finché il povero agente di commercio si ritrova a confessare un delitto che non ha commesso.
In un clima spensierato, quasi comico, Dürrenmatt ci mette di fronte a una domanda tragica, a un interrogativo abissale: esiste una verità dei fatti, oggettiva e immutabile, e in quanto tale accertabile sempre, da chiunque? O, piuttosto, la verità è un artefatto, la ri-costruzione che ognuno di noi fa, per sé e per gli altri, di quel processo casuale e per sua natura sempre caotico che è la vita?
10-15 dicembre 2019
Il Maestro e Margherita si apre con l’arrivo di Satana (Woland) e della sua bizzarra cricca (il valletto Korov’ev, il gatto Behemot e la strega Hella) nella Mosca degli anni Trenta. La vicenda ha inizio quando Woland, intromettendosi nella conversazione tra il poeta Ivan e l’intellettuale Berlioz, presagisce la vicina morte dello stesso Berlioz; morte che, poco dopo, accadrà proprio sotto gli occhi di Ivan. Il poeta, sconvolto dall’accaduto e in preda ad una crisi di follia, viene portato in una clinica psichiatrica. Lì incontra il Maestro, uno scrittore condotto alla disperazione dal rifiuto dei critici letterari nei confronti del suo romanzo su Ponzio Pilato e sugli avvenimenti accaduti a Gerusalemme durante il processo di Jeshua e nei giorni successivi alla sua morte. Nel frattempo, Woland e la sua cricca prendono possesso dell’appartamento del defunto Berlioz e portano scompiglio tra i dipendenti del Teatro di Varietà, dove metteranno in scena uno sconvolgente spettacolo di magia nera. Durante lo spettacolo Margherita, l’amante segreta del Maestro, da lui poi abbandonata, ha il suo primo incontro con Woland. Il giorno dopo viene poi invitata ad andare a casa sua, in quanto prescelta per essere la regina del sabba, il gran ballo demoniaco da lui organizzato. Margherita accetta e Woland, in cambio, le dà la possibilità di ricongiungersi con il Maestro. Intanto Jeshua invia il suo discepolo Levi Matteo da Woland, per chiedergli di dare al Maestro e Margherita la pace, non potendo essi meritare la luce. Woland raggiunge i due amanti e offre loro, invece, la possibilità di andare agli inferi. Margherita accetta e, dopo aver ucciso il Maestro, si uccide lei stessa. Insieme, i due amanti si dirigono verso gli inferi, dove Woland e la sua cricca hanno già fatto ritorno.
15-26 gennaio 2020
28 gennaio – 2 febbraio 2020
Una commedia profonda e divertente, firmata da Alexi Kaye Campbell, tra gli autori più originali e importanti della scena anglosassone. Andrea Chiodi, già apprezzato regista di Una bestia sulla luna, torna a dirigere l’immenso talento di Elisabetta Pozzi, qui affiancata da un cast di straordinari attori come Giovanni Franzoni, Christian La Rosa, Emiliano Masala, Francesca Porrini e Martina Sammarco.
Inghilterra, oggi. Kristin Miller è una colta sessantenne, esperta di storia dell’arte, in gioventù militante della sinistra radicale e da sempre politicamente impegnata.
È madre di due figli: Peter, un banchiere, e Simon, un romanziere fallito. Ha con loro un rapporto difficile: la sua schiettezza quasi brutale e la sua tendenza alla critica mordace sembrano pregiudicare irrimediabilmente la serenità familiare.
Nell’occasione del suo compleanno è prevista nella sua casa di campagna una cena che la riunirà dopo molto tempo con i figli, affiancati dalle rispettive compagne: Claire, attrice inglese di soap opera, e Trudi, la nuova fidanzata americana di Peter, che Kristin ancora non conosce. Completa la compagnia Hugh, disincantato e ironico omosessuale, coetaneo e amico e di vecchia data della padrona di casa.
Tra incomprensioni, antiche ruggini e dialoghi taglienti pieni di humour britannico si dipana la turbolenta storia di una famiglia, fatta di scomode verità domestiche, di grandi speranze e altrettanto cocenti disillusioni, fino a una sorprendente, emozionante conclusione.
4 – 9 febbraio 2020
Dopo l’incontro con il mito classico di Antigone, Federico Tiezzi affronta, attraverso l’opera di Goethe, un altro grande mito: quello di Faust. Il racconto di un sapiente studioso di teologia, filosofia e scienze naturali che, per ottenere conoscenze ancora più vaste, potere e giovinezza, vende la propria anima a Mefistofele mediante un contratto firmato col sangue.
Goethe lavorò al Faust per sei decenni, dal 1772 al 1831, costruendo un’opera monumentale intorno alla figura del medico e mago cinquecentesco. Attraverso Goethe questo personaggio che aspira alla totalità della conoscenza e all’eterna giovinezza è divenuto parte dell’immaginario collettivo della cultura occidentale, oltre che simbolo della crisi della coscienza e dell’anima dell’uomo contemporaneo.
Nella prima parte del Faust, quella che viene presa in esame da questo spettacolo, è centrale la figura di Mefistofele: che si pone come il doppio speculare di Faust, la sua metà, il suo alter ego e, freudianamente, la proiezione del suo inconscio.
Nella nostra epoca l’immagine di un patto con il Demonio forse non fa più troppa paura, forse… Ma i bisogni che spingono Faust a vendere l’anima ancora ci turbano: la brama di conoscenza, l’aspirazione a un’eterna giovinezza, la ricerca della saggezza, delle risposte alle domande su che cosa siano la natura, la storia e la vita dell’uomo.
Il Faust goethiano è teatro, puro teatro: luogo in cui si incontrano la potenza dell’epos e l’intimità della lirica, la speculazione filosofica e l’afflato della Storia nel suo incontro con la Natura: temi che si riversano sulla scena nella complessità di un dramma cosmico che gira su due perni, il bene e il male.
11 febbraio – 16 febbraio 2020
Il regista Paolo Valerio mette in scena uno dei romanzi più noti e pungenti della scrittrice Irène Némirovsky, Jezabel. Una donna sudamericana, bella, attraente, dotata di una misteriosa capacità di non invecchiare. Adorata da ogni uomo, corteggiatissima, Jezabel non può non sedurre. Elegante, ricchissima, mai volgare, naturalmente generosa. Da quando diciottenne appare per la prima volta a una festa danzante, fino all’epilogo (quando di anni ne ha sessanta), non smette mai di ballare. Eppure devastata da una catastrofe interiore: è ossessionata dall’invecchiare. Questo incubo la divora e trasforma ogni attimo di felicità in rimpianto e la gioia dell’attimo in terrore verso il futuro, paura di non essere più amata né corteggiata. Jezabel, giunta in Europa giovanissima a fine Ottocento, sempre al centro dei salotti più ricchi e nobili delle capitali d’occidente, vive avvelenata da quello stesso desiderio che la circonda, dalle ipocrisie, dai finti amori e dallo sfrenato bisogno di provare piacere: un piacere che tutti, in queste lunghe notti dall’edonismo sfrenato, cercano disperatamente. A fare da spartiacque, la tragedia della prima guerra mondiale, che si porta via tutti i ventenni e l’innocenza, lascia solo macerie: lampadari che crollano, pareti scrostate, solai sventrati e ferite che non si rimarginano. Per raccontare questa tragedia abbiamo immaginato, racconta Niccolini, un sacrario irreale, fatto di passato e presente, vivi e morti, avida voglia di vita e inferno, dove le ossessioni (e i sussurri e le grida) non ti lasciano in pace mai: sala da ballo di un tempo perduto e al tempo stesso aula da tribunale dove Jezabel è obbligata a fare i conti con la Giustizia, ma soprattutto con la sua coscienza, per troppo tempo anestetizzata. Forse è il giorno del giudizio, dove anche i morti hanno diritto a testimoniare, o forse più banalmente un qualunque processo, dove giudici e giuria devono raggiungere un verdetto, ma partendo da un pre-giudizio di colpevolezza. Ma quale sia la vera colpa, alla fine del Tempo, non è detto che si arrivi a capirlo.
19 febbraio – 1 marzo 2020
Perché portare a teatro “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen? Si interroga Arturo Cirillo. Perché penso che sia una scrittrice con un dono folgorante per i dialoghi.
Perché sono affascinato dall’ottocento, e dal rapporto fra i grandi romanzi di quell’epoca e la scena. Infatti provai un raro piacere, svariati anni fa, ad affrontare uno strano testo di Annibale Ruccello (strano perché al confine tra il musical e la commedia, tra la parodia e la ri-scrittura) ispirato a “Washington Square” di Henry James. Perché l’ironia di questa scrittrice, il suo sguardo acuto ma anche distaccato sui suoi personaggi l’amo molto. Perché il mondo della Austen dove apparentemente non accade mai nulla di eclatante, abitato per la maggior parte da creature che stanno abbandonando la fanciullezza per diventare ragazze da marito o giovani scapoli da sposare, mi affascina; con tutto il pudore, i turbamenti, le insicurezze, e anche l’orgoglio e i pregiudizi che la giovinezza porta con sé.
Perché questo mondo sociale dove ci si conosce danzando, ci si innamora conversando, ci si confida con la propria sorella perché i genitori sono, ognuno a suo modo, prigionieri del proprio narcisismo, non mi sembra così lontano da noi. Soprattutto pensando a queste giovani eroine spinte a sposarsi anche per avere finalmente un sostegno economico, sottraendosi allo stesso tempo all’indecorosa condizione di zitelle, e allontanandosi dalle proprie famiglie d’origine. Anche se poi la povera e zitella Jane Austen (che mai riuscì invece ad abbandonare la propria famiglia) si divertì a sottrarsi a tutto questo mettendolo in scena nei suoi romanzi, che sono una spietata critica e allo stesso tempo un’amorosa dichiarazione d’appartenenza alla propria epoca. Per fare questo si cala nei suoi personaggi/alter ego amandoli e prendendoli un po’ in giro, magari standosene nascosta dietro una tenda ad osservarli, ridacchiando tra sé. Da dietro quella tenda, come nel buio di una quinta, celata agli sguardi altrui ma attenta a non farsi sfuggire nulla di ciò che accade, Jane Austen reinventa la realtà attraverso la sua rappresentazione, ma mai smettendo di essere vera. Come avviene in teatro.
25 marzo – 5 aprile 2020
La pièce si svolge nella locanda della Chunga, nel porto di Napoli. I protagonisti sono quattro marinai di passaggio a Napoli, una tappa ricorrente della loro nave da crociera su cui sono imbarcati. La storia è la rievocazione della sera in cui Josefino mise come pegno la sua giovane e bella Mèche per poter continuare a giocare a dadi con i suoi tre amici nonostante avesse perso tutto. La Chunga, padrona della locanda, gli fece credito ma, in cambio, volle Mèche per tutta la notte. Josefino accettò.
Che cosa successe veramente in quella camera da letto al piano di sopra?
Ognuno dei quattro giocatori, ancora una volta nella locanda della Chunga a distanza di anni, dà una versione diversa dei fatti. Mèche dopo quella notte è sparita e non può confermare né smentire cosa sia veramente successo. Resta soltanto, sulla scena, la materializzazione dei racconti dei quattro marinai. Come nel famoso film di Kurosawa, Rashmon, tutti i personaggi daranno una propria versione dei fatti ma involontariamente sveleranno i propri desideri e debolezze, inconsapevolmente ci faranno scoprire il loro animo più segreto e forse mai la verità di cosa veramente successe quella notte tra Mèche e la Chunga.
“Nella locanda della Chunga” dice Vargas Liosa “la verità e la menzogna, il passato e il presente coesistono come nell’animo umano”.
22 aprile – 3 maggio 2020
Commedia di Moliére rappresentata per la prima volta nel 1664. Satira dell’ipocrisia imperniata sulle vicende di un falso devoto, Tartufo, che, visto in chiesa intento ad atti di devozione da Orgone, viene da questo ospitato in casa come direttore spirituale. Qui Tartufo non esita a usare sottili inganni fino a turbare l’ordine e la serenità della famiglia, spingendosi persino a insidiare la seconda moglie, giovane e bella, del suo benefattore. Smascherato, finisce in prigione per avere anche tentato di rovinare politicamente Orgone con false accuse. La commedia per la profonda critica di costume, la vivissima pittura dei caratteri e i duri attacchi al bigottismo venne combattuta dai clericali ed esaltata dai libertini. La messa in scena è di Jean Bellorini, giovane drammaturgo e regista francese. Premiato con il Molière nel 2014 per The Good Person of Szechwan di Bertolt Brecht, Jean Bellorini è direttore del Théâtre Gérard Philippe a Saint-Denis, dove difende la sua idea di fare del teatro un’utilità pubblica “essenziale come l’acqua corrente e l’elettricità”.
6 – 17 maggio 2020
Il grande attore Umberto Orsini darà vita a Solness, un grande costruttore che edifica la propria fortuna sulle ceneri della casa di famiglia della moglie derubandola di ogni possibile felicità futura. Solness è terrorizzato dai giovani che picchiano alla porta e chiedono ai vecchi di farsi da parte. Ma la giovane Hilde non si preoccupa di bussare, decide di fare irruzione con una energia sottile e implacabile. È tornata per rivendicare il suo regno di Principessa. Quel castello in aria che il grande costruttore le promise dieci anni prima. Solness si nutre della vita delle donne che lo circondano ma quest’ultima gli sarà fatale e lo accompagnerà, amandolo, fino al bordo del precipizio.
Se Solness è un costruttore, Ibsen è un perfetto architetto in grado di edificare una casa dall’aspetto perfettamente borghese e ordinario, nelle cui intercapedini si celano principesse dimenticate, demoni e assistenti magici al servizio del padrone. Il giorno del giudizio sotteso in tutta l’opera di Ibsen trova esplicita dichiarazione finale nel momento in cui, al culmine di tre atti in costante tensione, si arriverà alla sentenza finale. Una condanna inesorabile che sarà lo stesso Solness ad emettere contro sé stesso, senza pietà.
Solness soffre di vertigini, è già salito su una torre superando in un delirio di onnipotenza la paura del vuoto fino ad arrivare a dare del tu a Dio, minacciandolo di non costruire mai più chiese per lui. Ma dopo dieci anni il senso di colpa nei confronti della moglie e la paura di dover cedere il posto ai giovani lo indeboliranno e quando Hilde lo condurrà nuovamente in cima a una sua opera, si accorgerà che ciò che ha realizzato come uomo e come artista è troppo fragile per sostenere il peso della perduta felicità.
Abbonamenti Teatro Mercadante di Napoli
L’abbonamento si compone di 10 spettacoli: 7 a turno fisso al Teatro Mercadante e 3 a scelta tra gli spettacoli al Mercadante e San Ferdinando.
Acquistando nei mesi di maggio, giugno e luglio un abbonamento al Teatro Mercadante e al Teatro San Ferdinando per la stagione 2019/20, si potrà usufruire di riduzioni fino al 30% e godere di ulteriori agevolazioni.
PROMOZIONE MAGGIO
Abbonamenti Mercadante entro il 31 maggio oltre al 30% di sconto, in omaggio 2 spettacoli al Ridotto del Mercadante e 1 al Teatro San Ferdinando.
PROMOZIONE GIUGNO
Abbonamenti Mercadante entro il 30 giugno oltre al 20% di sconto, in omaggio 2 spettacoli al Ridotto del Mercadante e 1 al Teatro San Ferdinando.
PROMOZIONE LUGLIO
Abbonamenti Mercadante entro il 31 luglio 20% di sconto
CARTATEATRO
Costa 75 euro e consente 6 ingressi: 5 a scelta tra Teatro Mercadante e Teatro San Ferdinando e 1 obbligatorio al Ridotto.
CARTATEATRO GIOVANI <30
È nominale. Costa 30 euro e consente 6 ingressi: 5 a scelta tra Teatro Mercadante e Teatro San Ferdinando e 1 obbligatorio al Ridotto.
Biglietti Teatro Mercadante di Napoli
Teatro Mercadante Piazza Municipio, Napoli tel. 081 551 3396 · fax 081 420 6196