The Gift, recensione di Rebirth

I The Gift tornano insieme e pubblicano l’album della reunion: ecco la recensione di “Rebirth”, disco composto da brani inediti. Due canzoni sono state composte recentemente, le altre risalgono agli anni 80 ma mai pubblicate prima.

The GiftLa reunion dei the Gift è stata acclamata da più parti a gran voce ed ora finalmente si concretizza a ben 25 anni dallo scioglimento della band. All’epoca erano una delle maggiori voci dell’indie rock

La reunion dei the Gift è stata acclamata da più parti a gran voce ed ora finalmente si concretizza a ben 25 anni dallo scioglimento della band. All’epoca erano una delle maggiori voci dell’indie rock italiano, oggi cosa possono rappresentare in un panorama povero come quello che ci propina il mercato? Beh, la risposta è molto semplice: una botta di pura e sana energia! Un sound ancora attualissimo, che non ha risentito del trascorrere del tempo, anzi ha ancora molto da dire.
Rebirth” è l’album del ritorno: in realtà è un ideale proseguimento di un discorso solo interrotto all’epoca, visto che contiene solo due brani realizzati per l’occasione a gennaio di quest’anno, affiancati da altri quattordici che risalgono invece al 1986, ma che non avevano mai visto la luce. Sembra incredibile come ancora oggi queste sonorità siano più che valide e vadano ad essere, appunto, un ideale collante fra passato, presente e futuro dei The Gift.
La formazione è quella originale che vede di nuovo insieme Ugo Sala (voce), Pino Petraccia (batteria e percussioni), Belfino De Leonardis (basso) e Danilo Burchielli (chitarra).
Il disco si apre con i due inediti. “Desperate dance” è un tiratissimo rockettone con venature punk alla Sex Pistols che rende subito chiaro il concetto: i The Gift sono tornati per spaccare! Questa è forse la nuova direzione scelta, quella con un volto più aggressivo e meno morbido rispetto al loro passato.
The Change” sembra riportare alle migliori cose del rock anni’80, con sprazzi di modernità che ne arricchiscono il fascino: qui le chitarre spadroneggiano ed echeggiano di Damned o New Wave inglese dei primi eighties.
Poi si entra nel vivo delle canzoni nate nel 1986. Si parte con “Beautiful Toy” che deve molto ai Teardrop Explodes, la fantastica “The wind in my head” sembra invece uscita direttamente dalla migliore produzione dei Cure ed è forse la traccia più riuscita dell’intero lavoro.
L’ascolto prosegue ed i ritmi cambiano ancora con “The rain is like the sun“: proprio questa grande varietà di generi e sonorità è la carta vincente di “Rebirth“, un album per troppo tempo rimasto nascosto e che con nostra grande gioia ascoltiamo oggi!
L’acustica “All of this is what remains of you” ammalia e fa un po’ da spartiacque fra i brani che la precedono e quelli che la seguono.
White queen” è puro english sound: che roba! “I wanna be drunk with you” è un punkettone tiratissimo dalla prima all’ultima nota.
Frankie says” è un altro incredibile episodio di questo disco: con esso “Rebirth” continua a mostrare i mille volti musicali dei The Gift.
Si torna al rock con il rifacimento di “Taxman” dei Beatles, qui in una versione più aggressiva rispetto all’originale.
Fra gli altri momenti dell’album, di gran livello è “For the rest of my life“: qui si scorge un riuscito incrocio fra Television e Patty Smith, semplicemente magia pura!
The sailor” guarda ancora ai Cure. “Searchin’ for J.” chiude un lavoro affascinante che ha regalato un vero sogno: rivedere insieme “quattro ragazzi” che hanno scritto pagine di storia della nostra musica indipendente tantissimo tempo fa ed ora sono di nuovo qui perché in loro arde ancora quel fuoco,  “l’unforgettable fire” di cui gli U2 cantavano nell’irripetibile capolavoro del 1984, che troppo spesso manca nelle band plastificate che emergono oggi.
Cosa chiedere dunque ai The Gift oggi? Semplicemente di continuare a fare i The Gift!

Recensione a cura di Piero Vittoria

Punteggio: 9

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