La sua lunga carriera, seppure a volte vissuta un po’ dietro le quinte e un po’ nell’ombra, parla da sé.
Our bright future, il suo nuovo album, non smentisce certo questo insindacabile principio!
Lo stile di Tracy Chapman, la black voice al femminile per eccellenza, è assolutamente originale, personale, fedele a sé stesso e ormai noto a tutti, fans e meno fans.
E’ d’obbligo, innanzitutto, tentare di definire a quale genere, o meglio, a quali generi appartenga Our bright future: si tratta di un ensemble variegato, di un meraviglioso mosaico composto da vari tasselli musicali quali il soul, il folk, il country, il blues, lo spiritual.
Tracy Chapman, del resto, ha sempre nutrito un amore spiccato nei confronti di tutte queste correnti musicali, lasciando che “contaminassero” la sua arte.
In questo come in tutti i suoi album, alterna pezzi decisamente acustici – suonati rigorosamente alla chitarra – ad altri in cui entrano in scena vari strumenti quali pianoforte, basso e batteria, sempre, però, all’insegna dell’essenzialità, della semplicità, della sobrietà, dell’incisività: ciascuno strumento svolge il proprio ruolo all’interno di un progetto chiaro, ben delineato, prestabilito e non viene mai meno al proprio compito. Ciascuno strumento, cioè, ha lo scopo di mettere in luce le peculiarità canore e vocali di Tracy Chapman, il suo timbro estremamente caldo, morbido, scuro, avvolgente, quasi fluttuante.
Le sue tonalità prevalentemente basse e mediobasse di mezzo soprano creano un clima intimo, raccolto, famigliare: è come se Tracy Chapman considerasse ognuno di noi una sorta di privilegiato, un componente speciale di un gruppo ristretto di pochi intimi e ci facesse sedere tutti attorno ad un tavolo. A questo punto, da cantautrice e menestrello qual è, inizia ad intrattenere noi commensali narrando le proprie storie accompagnandosi alla chitarra. Davanti ad un buon bicchier di vino e ad un piatto fumante, ciascuno di noi ascolta estasiato e rapito i suoi racconti più o meno sereni, più o meno sofferti. In questo caso, il crepitio del fuoco è costituito proprio dalla sua voce suadente, armoniosa, vibrante.
Il primo singolo estratto da questo album è la prima traccia, Sing for you: si tratta di un pezzo che inizia quasi in sordina, con Tracy Chapman che scandisce il tempo. Le quattro battute introduttive sono eseguite esclusivamente dalla chitarra, seguite dall’entrata della batteria e, dopo altre quattro battute, dalla voce di Tracy. Peculiare è l’utilizzo, per quanto concerne la batteria, delle spazzole che conferiscono al brano un’atmosfera delicata, quasi soffusa, simile a quella tipicamente nebbiosa e quasi crepuscolare della musica jazz. E’ un pezzo accattivante, che trasmette positività e serenità, dal tema assolutamente musicale e orecchiabile, cantabile da tutti. Le sonorità ricordano quelle degli spirituals.
Il secondo brano si intitola I did it all. Si tratta di un blues fatto a regola d’arte: è suonato al pianoforte e la batteria risulta quasi secondaria. Anche in questo caso è prevalente l’uso delle spazzole, che conferiscono al pezzo un’atmosfera ovattata e sensuale, tipica dei nightclub, perfettamente in tema con il testo che parla della vita intensa, sregolata e del tutto fuori dagli schemi di una ragazza che, per vivere l’amore ad ogni costo e per divertirsi, si concede qualsiasi genere di esperienza, cosa di cui va estremamente fiera.
Con Save us all siamo virtualmente trasportati nei campi di cotone del Nordamerica, dove gli schiavi africani lavoravano fino allo stremo delle forze per un tozzo di pane. Si tratta infatti di uno spiritual con la “s” maiuscola, interamente suonato alla chitarra e accompagnato esclusivamente da percussioni. Di tanto in tanto fanno capolino gli archi, per sottolineare lo stato d’animo sereno che pervade colui che crede nel Signore e si affida alla sua misericordia. E’ questa una celebrazione della grandezza di Dio Padre, della sua sconfinata bontà, della sua onnipotenza, dei suoi miracoli, dei suoi infiniti gesti di amore quotidiano nei confronti di noi peccatori.
Anche Our bright future, la canzone che dà il titolo all’album, è uno spiritual: questa volta assistiamo ad un canto triste, angosciato, disperato di qualcuno che osserva le tragedie e le sofferenze del mondo, le nefandezze, gli abomini perpetrati dall’uomo e supplica Dio di intervenire, di porre fine a cotanta miseria. Il brano è suonato da più chitarre, una delle quali è di tanto in tanto impegnata in alcuni virtuosismi. Il ritmo è scandito dalle percussioni, fra cui prevalgono le maracas, che donano al pezzo un inequivocabile tocco etnico.
For a dream è un brano country in cui si accarezza il sogno di una famiglia felice, armoniosa, priva di esperienze drammatiche e negative. Ci si rifugia in questo sogno per evadere dalla cruda realtà di rapporti tormentati, contrassegnati da litigi e malumori. Il brano è suonato alla chitarra e al pianoforte, con un ritmo delicato, appena accennato dalla batteria. Anche in questo caso è preponderante l’utilizzo delle spazzole.
Thinking of you è un altro struggente e irresistibile blues. Una donna si lamenta e si dispera per la sua storia d’amore finita male, perché non riesce a dimenticare il suo lui. Tutti gli strumenti sembrano enfatizzare questo sentimento: spiccano il basso e il pianoforte, mentre è caratteristico, per ciò che concerne la batteria, l’uso dei piatti e qualche colpo dato dalle bacchette sul bordo della grancassa per sottolineare la rabbia e la frustrazione della protagonista.
Ecco che torniamo al country con A theory, un brano dal ritmo veloce, in cui predominano la chitarra e le percussioni, in particolare le maracas e il tamburo. Una lei sta facendo delle congetture sul suo rapporto con un uomo che spera sia davvero la classica anima gemella.
Questa vena country prosegue con Conditional, altro pezzo dal ritmo sostenuto, assolutamente ballabile: il ritmo viene dato dalla chitarra e da una batteria discreta, soft, soprattutto per l’uso frequente, anche in questo caso, delle spazzole. Una donna chiede al suo uomo di impegnarsi nel loro rapporto, di darle delle garanzie, di assumersi le proprie responsabilità, poiché una relazione non può prescindere dalla dedizione, dal rispetto e dal sacrificio da parte di entrambi.
Si procede con il soul di Something to see (No war): si tratta di una canzone di speranza, una sorta di Immagine di John Lennon con sonorità decisamente più attuali e moderne: ci si augura la pace eterna, la fine di tutte le guerre e della povertà, la vittoria del bene sul male. E’ forse il pezzo più sostenuto, più grintoso dell’album, dove si fa frequente ricorso alle tastiere, a qualche campionamento, al distorsore per la chitarra.
Un’altra visita al blues avviene con The first person on earth, un brano in cui predomina la chitarra, strumento decisamente privilegiato da Tracy Chapman. I componenti della batteria maggiormente utilizzati sono, anche in questo caso, i piatti. Tracy Chapman si rivolge a Dio, la prima persona su questa Terra e lo ringrazia per le meraviglie che ha creato, per l’amore smisurato e incondizionato che riserva anche e soprattutto agli ultimi.
Concludiamo questo viaggio nell’anima di Tracy Chapman con Spring, una canzone amena, serena, leggera, un tributo alla primavera. Il pezzo è suonato esclusivamente dal basso e dalla chitarra. Si dà il benvenuto, anzi, il bentornato alla bella stagione per antonomasia, al suo potere dirompente. Si ammira la natura in fiore, la rinascita di ogni elemento, che prelude ad eventi piacevoli e positivi, che infonde in noi una dose di sano ottimismo.
Ecco che siamo giunti alla fine della nostra piacevole serata attorno a quel tavolo a cui Tracy Chapman ci ha gentilmente invitato. Ci alziamo con una sorta di dispiacere, ma con la consapevolezza di serbare nel nostro cuore il dono di una nuova esperienza, di un’emozione indimenticabile che si ripeterà ad libitum, all’infinito, ogni volta che ci dedicheremo all’ascolto di questo album.
Punteggio: 9