Al Palalottomatica di Roma l’esibizione del leader dei Dire Straits, Mark Knopfler, è stata accolta da un pubblico caldo e attento. Musicisti, scaletta e performance al top a riprova dell’ottimo momento di forma dell’artista d’oltremanica.
La parabola del successo si misura in diversi modi e quella di Mark Knopfler, ideatore e leader dei Dire Straits, non è stata mai in declino. Merito di una capacità di musicista e compositore che da sempre rappresenta il punto di forza di questo artista che non si risparmia mai nei concerti che dissemina in tutto il mondo. Uno stile, quello di Dire Straits e di Mark Knopfler, che non trova catalogazione in nessun genere musicale. “Stile Dire Strais”, appunto, ovvero un misto di pop, rock e folk, con brani che spesso rompono i canoni radiofonici perché molto musicati e soprattutto troppo lunghi, ma che proprio nelle esibizioni live trovano la giusta esaltazione.
Al Palalottomatica di Roma lo scorso 6 giugno il rito si è ripetuto. Al cospetto di un pubblico che ha gremito gli spalti e platea, Mark Knopfker, ha deliziato gli spettatori con virtuosismi e sonorità degni della sua fama. Il “sultano del swing”, come recitava perentoriamente uno striscione a lui dedicato, ha regalato musica di ottima fattura, con una scaletta ben disegnata in modo da accontentare vecchi e nuovi fans. Nelle due ore di performance hanno trovato spazio, infatti, brani tratti dagli album dei Dire Straits e Mark Knopfler (da solista), sapientemente interpretati da un gruppo di musicisti dalle grandi capacità tecniche.
Il brano “Cannibals” ha aperto la scena per poi essere seguito da “Why aye man”, “What it is” e la splendida “Sailing to Philadelphia” tratta dall’omonimo album di Mark Knopfler, del 2000. Si è proseguito con “True love will never fade”, “The Fish and the bird” e “Hill Farmer’s blues”. Le prime note della struggente “Romeo & Juliet” che ben esalta il dramma shakespeariano ha riscaldato gli spettatori ma è soprattutto con “Sultans of Swing”, brano contenuto nel primo album omonimo dei Dire Straits (1978) che il pubblico ha ritrovato il suo “re”, il “re del swing” appunto. Si prosegue con “Marbeltown” interpretata in modo da regalare una maggiore atmosfera grazie alla dinamica del brano e all’incrocio strumentale tra la chitarra acustica di Mark, il violino di John McCusker (ottima new entry) e il contrabbasso di Glenn Worf. “Telegraph Road” ha chiuso la prima parte prima del bis, regalando emozioni e armonie al pubblico in delirio. Il bis ha visto come primo brano la struggente “Brothers in arms”, tratto dall’album omonimo del 1985 dei Dire Straits, per poi proseguire con “Our Shangri-la”, “So far away”, e chiudere con “Going home”.
Punteggio: 10
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