Luca Carboni, recensione di Musiche ribelli

Musiche ribelli è un lodevole omaggio alla musica italiana d’autore anni ’70, espresso attraverso un linguaggio sonoro intimista e riflessivo ben rappresentato dall’essenza artistica del cantante bolognese.

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Un particolare importante differenzia Musiche ribelli, il nuovo lavoro in studio di Luca Carboni, da parecchi altri album di cover pubblicati da alcuni illustri colleghi e colleghe: l’imprevedibilità della scelta dei brani da riproporre all’attenzione di un pubblico che generalmente tende ad archiviare in modo frettoloso vere e proprie perle musicali, in favore di canzoni più orecchiabili e commerciali.

La parata di autori a cui Carboni si approccia dignitosamente è prestigiosissima, partendo da veri e propri maestri della melodia italiana come De Gregori e Dalla, fino alle bandiere di un mondo musicale più colto, meno aperto al pop da hit parade, come Jannacci, Guccini e Bertoli.

Indubbio è il fatto che la maggior parte delle canzoni inserite nel disco non venga solitamente eseguita nei locali di karaoke, il che rappresenta un notevole punto a favore per l’artista: spesso il rischio di risultare troppo nazional-popolari e scontati quando si affronta tale tipo di progetto è alto, ma lo scenario descritto non si riflette in Musiche ribelli.

Carboni ha emozionato
e rapito i cuori di moltissimi italiani sin dal suo primo album, …intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film targato 1984 con uno stile musicale ben preciso, una commistione di melodie efficaci che hanno accompagnato testi reali, sinceri, malinconici ad atmosfere introspettive, a tratti confidenziali, ma anche a mondi dissacranti e ironici; tale aspetto è presente anche in questo disco, nonostante i pezzi inseriti non siano opera di Luca stesso.

Vari i temi trattati nelle canzoni reinterpretate da Carboni, ma tutti con un denominatore comune: la ribellione, la rottura degli schemi, la voglia di innalzare una voce fuori coro che denunci tutti gli errori dell’umanità, le ingiustizie, i pregiudizi che in quegli anni erano alla base della società per poi scoprire che, in fondo, poco è cambiato al giorno d’oggi.

Le versioni registrate dal cantautore per questo progetto non si discostano troppo, in generale, da quelle originali, probabilmente a causa di un preciso intento di omaggiare la grandezza e l’intensità di tale pezzi senza stravolgerli; il mondo Carboni, tuttavia, trova il modo di risplendere e di esprimersi fin dal primo singolo scelto per lanciare l’album, Ho visto anche degli zingari felici: il brano, scritto dal musicista bolognese Claudio Lolli, ha una base ritmica incisiva e vede la partecipazione di Riccardo Sinigaglia alla parte vocale, oltre che alla produzione artistica dell’intero disco.

Due sono i pezzi estratti dal repertorio del grande Francesco De Gregori: Raggio di sole, dolce-amara ballata del 1978 dedicata ad una vita che nasce, viene proposta quasi fedelmente all’incisione originale, mentre La casa di Hilde, storia di due contrabbandieri di diamanti salvati dall’arresto dei doganieri grazie a Hilde che “nel buio suonava la cetra”, mantiene il gradevole arrangiamento acustico, ma viene decisamente arricchita da Carboni e Sinigaglia attraverso alcuni suoni ritmici e arpeggi di pianoforte sul finale.

Segue nella tracklist Venderò, canzone di Edoardo Bennato del 1976, raffigurazione in versi dello spietato sistema del mercato, il quale limita fortemente la libertà di pensiero e di scelta delle persone: il vestito musicale dal sapore reggae, per quanto differisca dall’originario arrangiamento di Bennato e avvalori l’ironia del testo, risulta forse troppo leggero e poco ispirato, rendendo il brano la cover forse meno riuscita dell’album, pur essendo di buona fattura.

Eppure soffia
è uno sguardo spietato ai danni che l’uomo ha causato alla natura, composto nel 1977 dal compianto Pierangelo Bertoli e tutt’oggi maledettamente attuale, così come altrettanto sincero e quasi crudo è il ritratto immortalato da Franco Battiato nella sua Up patriots to arms, manifesto di un pensiero contro i falsi miti creati dalla cultura popolare e dai piani alti del potere che Carboni rende coraggiosamente e sorprendentemente in chiave ancora più riflessiva e minimale, dimostrando di riuscire a fare suo un mondo così misterioso e alternativo come quello del grande maestro siciliano.
 
Un messaggio di speranza e positività verso le occasioni della vità è Musica ribelle, pezzo portato al successo da Eugenio Finardi nel 1976: la musica può aiutare gli ideali a farsi strada nella coscienza della gente, a spronare le anime nel lottare al fine di migliorare le situazioni negative della società ; l’arragiamento pop, con alcuni richiami folk, ben si sposa al tono intenso e roco della voce di Carboni.

Sintesi della poetica esistenziale di Lucio Dalla è Quale allegria, brano pubblicato dal cantautore bolognese in Com’è profondo il mare del 1977, dalle dolci atmosfere musicali contrapposte alla disillusione delle parole del testo: il nostro passaggio terreno è caratterizzato da vari eventi, gioiosi o dolorosi, soddisfacenti o deludenti, ma forse senza un vero e proprio senso, senza mai raggiungere un equilibrio di pace o un motivo per sentirsi definitivamente contenti di ciò che si vive; in tale dimensione artistica Luca è a proprio agio, dimostrando ancora una volta una certa affinità al desiderio di riflessione e di analisi del nostro vissuto (tema riscontrato in molte delle sue produzioni del passato, come Ci stiamo sbagliando e Ci vuole un fisico bestiale).

I punti più forti dell’album sono le eccezionali cover di due assoluti capolavori della musica italiana: Carboni rende omaggio all’artisticità unica e controcorrente di Enzo Jannacci e Francesco Guccini.
Dal repertorio del musicista milanese il cantante riprende magistralmente Vincenzina e la fabbrica, drammatica descrizione della vita di un’operaia sospesa tra fatica, dolore, solitudine e alienazione che colpisce la sensibilità degli ascoltatori grazie al linguaggio estremamente provinciale e popolare, mentre dello stimato conterraneo Carboni propone L’avvelenata, canzone scelta per chiudere brillantemente Musiche ribelli, l’ ironico sfogo di un cantante travolto dalle critiche del pubblico, dei giornalisti, danneggiato dalla popolarità, ma che esprime il desiderio di voler continuare a fare musica, certo che “ho tante cose ancora da raccontare/ per chi vuole ascoltare/ e a culo tutto il resto”. In quest’ultimo rifacimento ritorna la vena rock di Luca Carboni, spesso poco sfruttata dall’artista nella sua gloriosa carriera, ma indubbiamente piacevole da riscontrare nelle sue produzioni.

Un lavoro apprezzabile e degno del nome di uno dei cantautori più amati e seguiti della scena musicale del BelPaese, un progetto che mantiene alta la bandiera della buona musica italiana, offrendo parte del suo meglio e riportandone alla luce le indispensabili e indimenticabili radici artistiche.

Punteggio: 8

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