Nessun’artista pop femminile in Italia si era cimentata prima d’ora nella realizzazione di un lavoro che racchiudesse brani incentrati sulla festa religiosa più sentita dalle persone: un primato questo che conferma la cantante toscana come pioniera, in un certo senso, della scoperta o riscoperta di alcune vie poco considerate dal music business nostrano (la Grandi è stata la prima artista ad usare il mondo virtuale Second Life per promuovere un disco).
Tuttavia, una produzione discografica come Canzoni per Natale può rivelarsi un banco di prova da cui ricevere conferme o, al contrario, sollevare alcune questioni sul percorso artistico di chi lo realizza: Irene Grandi è una cantante pop che ama mescolare elementi più tragressivi alla sua musica o una pseudo rocker pentita che riassapora il consenso del pubblico riproponendosi sotto una veste più tranquilla? La realtà sembra instaurarsi nel mezzo. Del resto, questo nuovo lavoro sembra riavvicinare ulteriormente l’interprete verso una visione più moderata e contenuta della sua vena artistica, ponendosi a favore di un’immagine più normale e meno stravagante rispetto ai suoi ultimi anni di carriera, pur mantenendo vivi gli elementi portanti (il carisma, la grinta, la passionalità).
L’album è caratterizzato da una divisione prettamente linguistica: 5 brani con un testo in italiano, 6 pezzi in inglese e il singolo scelto per spingere il progetto, Bianco Natale, in bilico tra le due lingue.
Leggendo la tracklist del disco balza subito all’occhio la scelta di alcuni immancabili classici natalizi come Silent Night, Happy Xmas e Oh Happy Day, ma anche il recupero di titoli sconosciuti ai più, come Canzone per Natale di Morgan o E’ Natale di Mina, segno che la Grandi ha comunque provato a non compiere scelte scontate, concentrandosi probabilmente sul proprio gusto personale piuttosto che sulle aspettative del medio fruitore di musica italiano.
Durante l’ascolto dell’album risaltano indubbiamente i due lati caratteristici dell’artisticità di Irene: la parte più energica, grintosa e coinvolgente presente in E’ Natale, qui riproposta in una versione meno intensa e più ruspante rispetto all’interpretazione della Tigre di Cremona e in Wonderful ChristmasTime, resa in modo abbastanza fedele all’originale di Paul McCartney (con l’aggiunta di un mood ancora più scanzonato), contrapposta alle atmosfere più profonde ed intimiste che costituiscono altri rifacimenti, come la struggente Canzone per Natale dell’anticonformista Morgan o la solenne Silent Night, il cui ritmo è stato ulteriormente rallentato dalla Grandi nella pura tradizione religiosa degli antichi canti natalizi.
Non manca spazio per canzoni che trattano sfaccettature diverse dall’immacolato significato del Natale e di tutto ciò che gira attorno: O e’ Natale tutti i giorni, versione italiana del brano More than words degli Extreme proposta dal duo Carboni-Jovanotti nel 1992, denuncia, ad esempio, l’esagerata impronta consumistica di questa festività, con una Grandi che regala una piacevolissima reinterpretazione, dolce e amara allo stesso tempo, in perfetta linea con le parole del testo ed accompagnata da un ritmo più sostenuto ed orecchiabile rispetto alla cover dei due famosissimi cantautori italiani.
Due sono le eccezioni inserite nel progetto, in quanto non prettamente legate al discorso festivo: la prima è la riproposizione in lingua italiana, su testo firmato da Giorgio Calabrese negli Anni ’60, di Something stupid, duetto tra Frank Sinatra e la figlia Nancy, gradevole ma non particolarmente elettrizzante collaborazione vocale di Irene con il tenebroso attore Alessandro Gassman; la seconda, invece, ha il compito di chiudere Canzoni per Natale ed è il remake di Wishing on a star, pezzo soul targato 1978 di Rose Royce, qui riarrangiato con una base ritmica pop su cui il tono quasi roco e pieno di sfumature della cantante fiorentina risalta con suadente eleganza.
Il vero neo di questa fatica discografica è Bianco Natale, canzone scelta come biglietto da visita del prodotto: un’Irene pacata e forse poco ispirata canta i versi del brano caratterizzati da un vestito musicale troppo semplice, insolitamente soft per l’artista e dai suoni un poco banali, piatti e senza invettiva. Parecchio discutibile, inoltre, è la decisione di inserire nella traccia un coro femminile che intoni la frase love,love,love sia all’inizio della canzone che alla fine di ogni ritornello: tutto ciò forma un remake debole che non rende giustizia ai buoni spunti presenti all’interno dell’album.
Non si può certamente parlare di capolavoro, nemmeno di un album particolarmente brillante, ma le 12 tracce scorrono via in modo abbastanza godibile ( nonostante gli intermezzi musicali che separano quasi ogni brano) e possono candidarsi a diventare una discreta colonna sonora per le feste, arricchita dalla sempre interessante e calda voce della (ex?) ragazzaccia del pop italiano.
Punteggio: 7