And winter came, infatti, è un canto appassionato, un tributo all’inverno ed è costituito da brani di atmosfera prettamente nordica, dal tocco inconfondibile dell’artista del Donegal, vale a dire il sound decisamente celtico che ha sempre permeato la sua musica, così apprezzata e costantemente tanto attesa da milioni di fans a livello planetario.Anche questa volta Enya ci ha regalato un ensemble in stile un po’ new age, dalle sonorità che rievocano l’isola verde, quella terra a lei tanto cara e tanto enfatizzata nei suoi brani.
Tutto richiama le pianure che si estendono a perdita d’occhio, le dolci colline, le aspre scogliere, i villaggi innevati, i fitti boschi e le radure, la vegetazione rigogliosa che contraddistingue quest’area isolata, solitaria, tutta da scoprire: caratteristiche, queste, che si riflettono nel carattere schivo, introverso, riflessivo della stessa Enya.
Il fascino di questa cantante così particolare sta nel fatto che ogni suo pezzo assume e trasmette l’immediatezza e il carattere dirompente di una foto istantanea o di un quadro impressionistico, in cui ogni pennellata non è mai casuale, ma serve a comporre quei paesaggi che trasudano dalle sue note melodiche, soavi, armoniose, dalla sua voce limpida, suadente, cristallina e tenue.
Ecco che ogni brano porta in sé la dimensione malinconica, magica e fiabesca di una terra da sempre legata a miti, leggende, superstizioni, incantesimi e sortilegi. Ecco che ogni canzone spalanca davanti a noi un mondo fatto di creature soprannaturali e fantastiche quali gnomi, elfi buoni, dispettosi e malvagi, streghe, fate, eroi dal cuore impavido e dai nobili sentimenti, fanciulle innocenti, spesso vittime inconsapevoli e incontrastate dell’ira e del rancore degli dei.
La prima traccia è And winter came, che dà il titolo all’album. Si tratta di un pezzo strumentale molto lento e pacato, in cui prevalgono le tastiere. E’ caratterizzato da una sonorità malinconica, mesta, cupa, che rispecchia la monotonia di una stagione rigida, lunga, fatta di buio quasi perenne, di ghiaccio, di piogge insistenti, di nevicate copiose, in cui i suoni sono ovattati e in cui si ascolta il continuo sibilo di un vento gelido e sferzante.
Journey of the angels è una ninnananna dolce e delicata, dedicata ad un bambino appena nato. E’ questo un genere molto amato da Enya, a cui approda spesso. Anche in questo caso predominano le tastiere e, altra caratteristica molto frequente, si nota la totale assenza della batteria. Le tematiche del viaggio, degli angeli pronti a sorvegliare ogni nostro passo sono una costante. E’ un’allegoria dei diversi stadi, delle diverse situazioni e delle stagioni della vita: il giorno e la notte, il buio e la luce, il riso e il pianto, la gioia e la disperazione, la tranquillità e il dolore. Il refrain viene cantato da un coro femminile, che interviene anche nella strofa finale come sottofondo alla voce di Enya.
Arriviamo poi ad una sorta di marcia, di allegra filastrocca con White is in the winter night, in cui Enya canta sempre all’unisono con il solito coro femminile. E’ un’ode, una sorta di ringraziamento a Madre Natura per le bellezze che ci dona ogni giorno, attraverso i suoi continui mutamenti: il sorgere del sole, lo scintillio delle stelle, il rifulgere della luna, i colori cangianti di cui si tingono le diverse fasi del giorno e i diversi paesaggi che troviamo su questa Terra. E’ altresì un’ode alla vita, per tutto ciò che ci regala: paesi in festa, bambini giocosi e scalpitanti, innamorati in trepidante attesa, fanciulle che vivono appieno la loro spensierata giovinezza.
Oh come, oh come, Emmanuel è un canto maestoso e solenne, un salmo rivolto al Messia, affinché liberi Israele dall’esilio e dalle persecuzioni che è costretto a subire. La melodia è lugubre, carica di timore reverenziale. Dopo le prime due strofe il coro fa un’entrata imponente, quasi greve. Interviene solo a tratti, per sottolineare l’importanza e la pregnanza di alcune frasi. Il brano ricorda i canti gregoriani, quello stile medievale tipico della musica religiosa, liturgica.
Trains and winter rains è un brano in cui si ascoltano due voci di Enya, l’una sovrapposta all’altra, che eseguono la stessa melodia. Viene descritto il viaggio di notte di un treno e i paesaggi che si scorgono dal finestrino: le strade cittadine, vuote e anonime, immerse nella pioggia, i lampioni, le immense pianure.
Non poteva certo mancare, a questo punto, un’irresistibile e intensa ballade: Dreams are more precious affronta un’altra tematica tipica della musica di Enya, quella del sogno, della notte in cui tutto assume una dimensione irreale, impalpabile, in cui tutto viene trasformato rispetto all’aspetto con cui si manifesta di giorno, in cui tutto non è come sembra. Da notare, fra una strofa e l’altra, l’interludio eseguito da un coro.
Il tema della notte si ripresenta in Last time by moonlight, una notte che, al chiarore della luna, lascia intravedere un paesaggio completamente innevato. Le tenebre che si dissolvono e cedono lo scettro al giorno incarnano la caducità delle cose, la fugacità della vita, in cui tutto si modifica, si estingue, si consuma. Il coro interviene nelle strofe per creare un sottofondo e mettere in risalto la voce di Enya e nel ritornello canta all’unisono con lei per dare rilevanza alle parole pronunciate.
Torniamo ora al genere della marcia con One toy soldier, una sorta di filastrocca, di favoletta accattivante di un soldatino che batte il tempo con il proprio tamburello. In questo caso entrano in gioco le percussioni, in particolare i legnetti e il tamburo, che sottolineano la cadenza ben marcata del ritmo della marcia militare.
Stars and midnight blue è un’altra ballade romantica che descrive la contemplazione, da parte di due innamorati, del firmamento, della notte con i segreti che custodisce gelosamente, dei ricordi che rimangono assolutamente patrimonio di ciascuno di noi. Il ritornello è caratterizzato dalla sovrapposizione di due voci di Enya, che eseguono, sempre all’unisono, la medesima melodia.
Essendo l’inverno il fulcro di questo album, Enya non poteva certo esimersi dall’affrontare il tema del Natale: The spirit of Christmas past è un brano soft, delicato, cantato con l’aiuto del coro femminile che esegue l’interludio fra una strofa e l’altra e l’ultimo passaggio del pezzo. Il Santo Natale viene visto come momento di letizia, come spiraglio di speranza per i guai e le tribolazioni che affliggono una persona indefinita, a cui l’artista si rivolge nel tentativo di darle conforto.
Il leitmotiv del Natale stereotipato e gioioso continua con My! My! Time flies, una filastrocca bislacca in cui compare un uomo con la slitta, bianco come la neve, probabilmente Babbo Natale. Da notare l’utilizzo della batteria che determina un ritmo cadenzato, ben preciso, nonché l’effetto di un leggero distorsore per la chitarra, caratteristica assai inconsueta nella musica di Enya.
Questo percorso alla scoperta dell’inverno non poteva concludersi che con la sua apoteosi, ovvero la celebrazione del Natale con il Christmas Carol per antonomasia, Oiche chiuin, la traduzione in gaelico di Silent night. Il brano è cantato all’unisono da Enya e da un imponente coro femminile. La sovrapposizione magistrale delle voci produce un ensemble in cui tutto si fonde in maniera così sublime, da non riuscire quasi a distinguere il timbro vocale di Enya dal resto del coro.
Un brano, quest’ultimo, benaugurale, un messaggio di positività e di speranza, quasi un antidoto contro il freddo atmosferico e l’inevitabile vena malinconica che ne deriva.
Grazie a questo album Enya è riuscita a farci godere tutto il fascino di una stagione così rigida e spesso bistrattata da tutti noi. E’ questo un omaggio all’inverno, al suo carattere intimista, introspettivo, alla sua dimensione squisitamente lenta e riservata. Ogni volta che ascolteremo questi brani, ricreeremo dentro di noi il dolce tepore della primavera, che solo la magia della musica sa far rivivere!
Punteggio: 8