Ecco una recensione dell’album di Dola J Chaplin dal titolo “To the tremendous road“. Atmosfere particolari già anticipate dal singolo “What I Care”.

Circa due anni e mezzo fa ascoltavo musica con un amico in un freddo pomeriggio d’inverno: lui mi chiese di fare attenzione ad un artista il cui nome già incuriosiva, Dola J. Chaplin. Rimasi attonito di fronte ad atmosfere acustiche che, in un periodo in cui era facile imbattersi solo in facili espedienti commerciali, rappresentavano per me un’autentica boccata d’ossigeno.
È con grande piacere che ora mi trovo fra le mani l’album d’esordio di quell’artista, “To the tremendous road”. Comincio proprio dal titolo: assolutamente azzeccatissimo e fortemente voluto da Dola J. per la dualità del significato di “Tremendous” che può essere sia tremendo che felice, come poi ogni strada, ogni percorso, ogni vita, quindi un titolo che faccia da conchiglia per tutte queste cose.
Può sembrare un’affermazione forte, ma a mio giudizio questo album si candida sin da ora ad essere fra i migliori del 2012.
Anticipato in radio dal singolo “What I care“, supportato dal video di grande effetto di “Nothing to say”, è un lavoro che ha radici lontane: Dola J. Chaplin ha viaggiato molto, tra terre sconosciute e strade di tutti i giorni, tra grandi città del mondo, a contatto con persone di ogni nazione, dall’America all’Inghilterra e ha fatto tesoro di tutte queste esperienze mettendole poi in musica … e che musica!
“To the tremendous road” profuma soprattutto di America, di quel folk, rock e country lontano forse dalle nostre corde, ma dotato di un fascino senza eguali. Ogni suo episodio è un piccolo grande gioiello, non c’è un solo momento di stanca, è un lungo viaggio ricco di bellezza, a tratti intimo, a tratti più crudo, aspro e tagliente.
Era da molto tempo che sognavo di sentire un disco del genere: il “singer songwriter” Dola J. Chaplin, come lui stesso ama definirsi, ci regala 11 perle di un “diario” di viaggio espressione perfetta della sua continua, fantasiosa ed essenziale ricerca di sé stesso.
Tutto nasce dalla voglia di evasione dalla quotidianità per aprirsi alla scoperta di nuove realtà, con la consapevolezza che a volte la solitudine può regalare anche magia, quella magia che si respira in ogni traccia del cd.
Dopo un passato da chitarrista e bassista punk, oggi Dola J. Chaplin è un artista “Bohemien”, un vero esteta della musica, un poeta attento a scrivere testi intimi e personali.
L’apertura stende l’ascoltatore: “Go wild” e “You’re on my mind” sono a forti tinte americane, sembrano uscire direttamente da una delle radio californiane.
“What I care” ha un testo che già dice tutto “Non mi interessa il denaro, il denaro non ha interesse nei miei confronti ….”, “Railway” è fuori da ogni schema, con le sue tinte “blueseggianti” condite di country, “Dyin’ every day” è uno dei momenti più belli nella sua semplicità. In “Flowers” e nel sofferto cantato “Frost ‘neath the nails” la voce calda di Dola J. si esalta. Torna il country nella title track in cui è ospite alla voce Emma Tricca. L’intimità acustica ed incantata di “Sails” mi ha riportato direttamente a quel pomeriggio di cui parlavo.
“Nothing to say” ben fotografa la bellezza del cd, ma è “Drivin’ South” il vero capolavoro: la chitarra e l’armonica sottolineano la cruda e meravigliosa voce che sembra quasi volerci condurre verso la fine del viaggio ed è così infatti: si va purtroppo verso la fine (chiude una versione reprise di “What I Care”). La sensazione immediata è quella di riprendere l’ascolto dall’inizio per far sì che invece diventi un viaggio senza fine.
Una nota di merito va ai musicisti che accompagnano Dola J. Chaplin (“The Tremendous Band”) e alla produzione di Paolo Tocco, che ha volutamente lasciato l’artista esprimersi a briglie sciolte ed il risultato finale ha dato ampiamente ragione alla scelta.
Accostatevi a “To the tremendous road”, ne rimarrete stupefatti, facile che diventerà il vostro disco per ogni stagione, da ascoltare in qualsiasi luogo perché, come lo stesso Dola J. ha dichiarato in una recente intervista, “È un disco Autunno o Primavera, sicuramente montagna e tempo di nuvole”.
Recensione a cura di Piero Vittoria
Punteggio: 10
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