Di riferimenti in questo disco ce ne sono tantissimi, di arrangiamenti importanti e di visioni futuristiche anche. Ma la prima cosa che mi preme sottolineare è il quanto sia impegnativo, lungo e – per come concepito – difficile da sostenere per tutto l’ascolto.
Parliamo del nuovo disco di Rossella Aliano che dopo l’esperienza molto prolifica del folk dei Liberadante, passa all’epica digitale di questo lavoro personale che si intitola “Blood Moon” dove troviamo 14 tracce, inedite, tutte estremamente impegnative anche e soprattutto da un punto di vista testuale…ed ancor più importante è la lunghezza: per la maggiorate degli ascolti superiamo abbondantemente i 3 minuti, di frequente anche i 4 con picchi di 5,11 proprio per la title track del disco.
Insomma, tantissima musica, tantissima davvero come di rado ormai siamo abituati a sentire, ed è tantissima – lo ripeto- se pensiamo anche a come è stata curata nei minimi particolari, negli arrangiamenti sintetizzati, dove l’elettronica è il grande filo conduttore che lega a se brani i cui testi vivono di una filosofia tutta imperniata sulla genesi e l’evoluzione dell’uomo dell’era moderna. Insomma un disco che non concede respiro e neanche per un istante è lecito distrarsi. Di sicuro non è un lavoro “terreno”, di pop da superficie ne da musica per sottofondi gustosi. Rossella Aliano sembra quasi volersi depurare da una massa critica di ben pensanti che dai dischi richiedono i motivetti da fischiare. Lei risponde con canzoni da capire, che da Battiato ai Radiohead fa una lunga escursione mantenendo sempre la mira sugli obiettivi da raggiungere.
Forse manca ancora di un appeal forte, forse manca ancora di qualche dinamica…forse però è anche doveroso scendere a compromessi con il gusto popolare e quelle minime accortezze per tener viva l’attenzione del pubblico. “Blood Moon” invece sembra infischiarsene e celebra questo perenne essere umano in una bolla di circostanza e di determinismo deciso a priori con 14 inediti che si deve voler ascoltare…e vi invito a resistere contro le distrazioni facili.
Unica vera nota stonata a mio modo di vedere è la chiusura che non capisco come sia dovuta approdare in un cantato in inglese…fino ad ora che la narrazione, se pur complessa, mi concedeva degli appigli sicuri or ami lascia davvero in balia della sola estetica. Che poi qui il rimando a Battiato sembra celebrarsi a pieno…in senso bello s’intenda!!!
Luca Marsi per FullSong
Pubblicato in Musica, Recensioni
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