“Tutte le informazioni sono manipolate e quelle che sappiamo… sono solo cazzate”.
Frasi forti come questa, altre decisamente più impegnative, tutte contro un potere che cabla il mondo circostante e ne fa un giocattolo ad uso e consumo per i colletti bianchi dei piani alti. Ma anche speranza che diventa energica quanto vittoriosa voglia di rivalsa. I pugliesi Rocky Horror cantano e pretendono il loro spazio, quello che gli spetta, e lo fanno sparando ad altezza uomo il loro Crossover accattivante e decisamente poco incline alle regole del gioco se notiamo quanto siano diffuse melodie “pop” e arrangiamenti da main stream che non fanno altro che dare credito e gusto ad un ascolto spesso confinato solo ad un pubblico di nicchia.
Questo nuovo disco dal titolo “Sciogli il tempo” regala 8 brani inediti oltre una rivisitazione della celebre “STOP AL PANICO” (giusto per decantare subito le origini, senza lasciar spazio a fraintendimenti) che poi a chiusura disco viene rivista e corretta da un remix di Dj. Blast. Un cofanetto di innumerevoli collaborazioni quasi a voler celebrare l’incontro e la contaminazione di anni di strada e di palchi. Dj. Blast appunto, ma anche Vince Carpentieri, ma anche Gianni Colonna… moltissimi altri che troveremo facilmente elencati tra le numerose pubblicazioni che hanno raccolto i Rocky Horror dalla stampa di settore e non solo, perché questo disco è arrivato anche oltre le solite vetrine dedite al settore.
A noi, per dovere di ufficio, di cronaca e di gusto, piace sottolineare soprattutto la partecipazione di Pino Scotto che appare anche nel bellissimo video che troviamo su youtube, singolo di lancio di tutto il disco: “Lo spazio che ti spetta”. Più che questa voglio marcare la punta della mia penna proprio sulla prima traccia: “Non c’è tempo” – forse la punta di diamante di questo disco, forse il brano più “pop”, forse quello che maggiormente avrebbe dovuto raggiungere le radio. Dai centri sociali occupati ad oggi, mondo digitale di social network e strumentazioni midi. I Rocky Horror ci riportano con i piedi a terra anche se, ad ascoltarlo bene, avremmo preferito che anche loro avessero restituito una natura più verace e analogica ad un disco che suona troppo composto per la rabbia che vuole trasmettere.”
di Luca Marsi