Un timbro particolare, giocato su un’estensione vocale fuori dal comune, capace di muoversi con precisione su tonalità e registri sia maschili e femminili come nessun altro, al momento, in Italia. Come soltanto pochissimi altri grandi artisti internazionali nel mondo.
In poco più di tre mesi, è diventato il fenomeno musicale del momento. Tutta la stampa italiana, specializzata e generalista, ne parla in maniera lusinghiera e incoraggiante. Forse che, finalmente, è giunta l’ora di qualcuno alternativo ai talent e ad ‘Amici’ di Maria De Filippi? Di qualcuno che punta tutto sulla voce, sul talento, sull’emozione, al punto da non farsi vedere? Di scegliere di mantenersi nascosto per non influenzare chi ascolta?
Scelta dura nella società dell’immagine e dell’apparire a tutti i costi: che, sicuramente, produrrà a tempo debito i suoi frutti. L’inizio è incoraggiante. E questo è già un bel risultato.
Ma chi è Cleò? Un artista misterioso, che canta in rete senza mostrarsi. E che, soltanto con delle cover (e che cover, ragazzi!) ha conquistato l’attenzione dei media, facendosi accompagnare solo piano e voce – che è da sempre il modo più difficile di cantare, il più rischioso – da musicisti di fama internazionale.
Da ‘Senza Confini’ di Bungaro interpretata da Eramo & Passavanti, alla tostissima ‘Brava’ di Mina, a ‘Vacanze Romane’ dei Matia Bazar, passando per ‘Il passo silenzioso della neve’ dell’immortale Valentina Giovagnini, sino a ‘Il dicembre degli Aranci’ – in cui Cleò fa entrambe le parti, tenorile e da soprano leggero, che in origine furono interpretate in duetto da Mango con sua moglie Laura Valente, voce dei Matia Bazar – questo grande cantante emergente, al momento dal volto sconosciuto, ha dimostrato di avere le doti di un’interprete di razza, capace di fare la differenza.
Anche nelle scelte: ha riletto persino l’Ave Maria di Fabrizio De Andrè realizzandola con un minimo ensemble orchestrale e una corale lirica all’interno di un monastero cistercense millenario, nelle stesse tonalità che di questa versione appartengono alla virtuosa Antonella Ruggiero. Il che, a ben guardare, gli conferisce un qualche cosa di mistico, e accentua il carattere etereo del personaggio in questione. Di cui non si sa nulla, davvero, se non ciò che canta.
Ci vuole coraggio, a fare certe scelte musicali: i brani che Cleò ha reinterpretato sono difficilissimi da eseguire, e assolutamente non scontati né tantomeno commerciali.
Ma chi, tra le tre major del disco italiane – che, puntando su un artista vero come Cleò, possono ambire realmente anche a un pubblico più adulto, oltre a ragazzini, adolescenti e teenagers – si accorgerà per prima di questo fuoriclasse? Forse la Sugar Music di Caterina Caselli, abilissima nello scoprire veri talenti e a trasformarli in artisti di successo? Chi se lo contenderà, Cleò, tra Universal Music e, soprattutto, Sony Music o Warner Music, queste ultime fra l’altro le due case discografiche per cui incise il grande Mango?
Già, Mango. Un artista e un poeta ineguagliabile, impareggiabile che, con la sua prematura scomparsa, ha lasciato un immenso vuoto d’arte e di mercato. Che Cleò può contribuire a colmare, proseguendo per primo sulla scia di un pop raffinato ed evocativo, dal gusto mediterraneo intenso, che strizza l’occhio anche alla produzione migliore proprio dei Matia Bazar dell’era Antonella Ruggiero.
Intanto, non resta che aspettare il primo inedito e vedere se sarà questa, presumibilmente, la strada che percorrerà la voce misteriosa e intensa della musica italiana: che, quando canta, incanta. E scusate se è poco.