Il progetto si chiama “La protesta e l’amore”, tratto dall’omonimo libro-intervista (+ cd) a lui dedicato dallo scrittore Mario Bonanno con prefazione di Claudio Lolli.
Luca, come nasce l’idea di portare sul palco “La protesta e l’amore”?
Nasce dall’incontro di molti show-concept che ho sperimentato negli ultimi anni.
I tributi e gli spettacoli dedicati alla storia della canzone d’autore dal dopoguerra ai giorni nostri sono stati determinanti: poi, la festa per i miei trent’anni di percorso culminata con il libro realizzato dal critico musicale Mario Bonanno, ha dato la spinta finale. E Bonaffini cantautore ha deciso di riconciliarsi con i suoi Maestri ispiratori, svelando anche le fonti che hanno generato le sue canzoni. Una prova di verità? Venire a teatro per credere!
Cosa rappresenta per te “La protesta e l’amore”?
Una parola unica “protestamore”! Chi ama ha il diritto di arrabbiarsi se non si sente ricambiato. L’importante è non passare mai i confini del buon senso e del rispetto, rischiando di ledere la dignità propria e di chi ha il diritto di difendersi.
Come mai oggi la scuola italiana non partorisce più cantautori come te o come Pierangelo Bertoli?
Io e Bertoli siamo stati un po’ come figlio e padre. C’erano vent’anni di differenza tra me e lui e una formazione politica molto diversa. Sicuramente una cosa ci tiene uniti: lo strumento canzone, un mezzo col quale trasmettere le nostre urgenze. Lui si adottò artisticamente e mi scelse. E io, dopo essermi adattato, ho saputo seguirlo anche dove non credevo sarei mai riuscito. Bertoli era quello che sembrava e ancora ci sembra: un uomo forte con un grande credo.
Da marzo 2017, dopo oltre trent’anni di carriera musicale, letteraria e artistica, approderai nei teatri con lo spettacolo liberamente ispirato al libro di Mario Bonanno (la protesta e l’amore) con canzoni e citazioni musicali di illustri colleghi, cosa ci dobbiamo aspettare?
Una sorpresa. Qualcosa che sta a metà strada tra il già sentito e il mai pensato. Insomma sarò imprevedibilmente me stesso tra storia sociale e vita personale. Ripeto: vieni a teatro per scoprirlo!
La parola “cantautore” Ë una parola vecchia o ha ancora un senso?
Ha sempre senso. Dall’Antica Grecia dei suonatori di cetra e di flauto, il testo (poesia o storia) ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’arte del racconto-musicale. Isabella d’Este suonava il liuto e amava la poesia. La canzone popolare ha ispirato l’opera lirica. Nel novecento è diventata industria discografica e quindi moda e parola d’ordine. Oggi, suona vecchia solo perché qualcuno ha voluto rottamarla prima del tempo. Come le ideologie politiche o le grandi passioni. Meglio bruciarle che viverle, secondo qualcuno…
Il cantautore per eccellenza?
Non esiste. Esistono eccellenze della musica d’autore.
La canzone più bella che hai scritto?
Sembra sempre l’ultima, ma non è vero. E’ quella che, in un preciso momento, mi rappresenta. Quindi può essere anche una canzone sepolta dentro un repertorio mai eseguito!
Per concludere, dalla musica come compositore, autore e cantante, alle opere letterarie a quelle teatrali. Luca Bonaffini è?
Non saprei definirmi e non voglio nemmeno essere io. L’importante è lasciare qualcosa che serva a qualcuno. Ma oggi pare che la gente abbia solo voglia che il tempo passi il più velocemente possibile. Lascio ai “lenti” del futuro questo onere, nella speranza che gli acceleratori si inceppino e si ricominci a far sì che cento anni siano davvero lunghi e non un alito di paure e ansie.