LO “ZIO ROCK” OMAR PEDRINI: DAI TEMPI DEI TIMORIA AL NUOVO DISCO SOLISTA “COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI”

Omar Pedrini è tornato sul mercato discografico lo scorso maggio con il nuovo lavoro “Come se non ci fosse un domani”, anticipato dal singolo omonimo.

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L’album ha avuto subito un ottimo riscontro di critica e pubblico entrando anche nelle classifiche ufficiali di vendita italiane nei primi dieci posti.
Al suo interno dieci canzoni (undici nella versione in vinile) che, a detta di molti, hanno riportato Omar Pedrini ai fasti rock dei Timoria con quel sound tanto caro ai fans della band bresciana che ha segnato in maniera indelebile il rock italiano.
Nel disco collaborazioni eccellenti: Noel Gallagher ha regalato ad Omar la sua A Simple game of genius diventata nella traduzione italiana Un gioco semplice; Ian Anderson ha griffato Angelo Ribelle con l’inconfondibile suono del suo flauto; nel caso di Lawrence Ferlinghetti, padre della Beat Generation, Omar Pedrini ha musicato un suo testo inedito in Desperation Horse.
Il video di Come se non ci fosse un domani ha superato le 100000 visualizzazioni su youtube a poco più di due mesi dall’uscita.
Continua intanto, con grande successo, il tour estivo che sta portando il rocker bresciano in giro per l’Italia.
Questa la nostra intervista a Omar Pedrini.

Come se non ci fosse un domani si apre con la canzone omonima e si chiude con Sorridimi: dentro tanta rabbia e alla fine l’ottimismo di chi guarda gli occhi di un bambino nel testo del brano finale. Come nasce questo tuo nuovo lavoro?
“Nasce con questo senso di paura che abbiamo quando apriamo gli occhi al mattino: mi sono reso conto che tutti, nella nostra generazione, sembrano avere delle paure, come recita la frase del testo della canzone che dà il titolo all’album, quasi che altri abbiano interesse a farci avere paura …. paura del terrorismo, delle guerre, del clima, dell’inquinamento e di nuove malattie legate al clima, di arrivare a fine mese con la crisi che in Italia si sente ancora fortissima. Da tutto questo insieme di cose nasce l’inquietudine: apro gli occhi ed invece di essere felice mi chiedo come dovrò affrontare la giornata e cosa succederà. Ho così ragionato su questa situazione un po’ strana che stiamo vivendo nel 2017 e ci ho messo dentro tutte le fasi della paura con la gente che ormai accetta tutto senza ribellarsi, i giovani soprattutto, le nuove generazioni. Ecco perché ho scelto per la cover del singolo una foto della manifestazione delle ragazze dell’8 marzo a Milano. In maniera pacifica sfiliamo nelle nostre città , armiamoci di un buon disco o di un libro che apra la mente. Alla fine del disco si arriva poi al sorriso: entra in scena, come se fosse un film, una bambina di tre anni che ti sorride inconsapevole di tutto ciò che viene deciso sulla sua testa e se ti sorride in quel modo non puoi che trovare la forza di cambiare il mondo, dunque ecco il messaggio positivo finale”.

 Il singolo Come se non ci fosse un Domani ha una storia particolare …
“La canzone è nata in ospedale: come molti sanno ho subito tre interventi al cuore, ho un problema cardiaco che mi fa vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. Ero in convalescenza, avevo 40 di febbre ogni giorno, nessuno ne capiva il motivo, vivevo alla giornata vedendo gli sviluppi, ma dentro di me sentivo di vivere la condizione di tanti altri che magari stanno bene mentalmente, ma sono appesi ad un filo realmente e da lì è nata la canzone. Ecco così la voglia di dire che ce ne andremo da questi uomini cattivi, lasceremo questo pianeta inquinato e troveremo Marte che ci ospiterà, è un progetto che ha l’uomo da anni visto che la Terra, se continueremo a sfruttarla in questo modo, prima o poi ci volterà le spalle”.

 Andiamo un po’ fra le altre canzoni del disco: come nascono Fuoco a volontà e Il cielo sopra Milano?
“Fuoco a volontà è nata un giorno in un hotel, non ricordo dove io fossi , forse a Firenze: ero al primo piano con le finestre aperte e sentivo molto movimento in strada, mi sono affacciato ed ho visto un disco – bar di quelli che vanno di moda in questo momento, c’erano tanti ragazzi coi loro macchinoni e le ragazze intorno con la musica elettronica sparata. Io mi sentivo un po’ un vecchio, uno di quelli che rompono le scatole, ma non ho detto loro nulla, anzi mi sono messo ad osservare come questa generazione potesse divertirsi ed ho pensato come siamo messi male. Vedevo l’uomo quando si rilassa eccessivamente: ragazzi ubriachi e le ragazze saltare sulle macchine con loro. È scattata in me la domanda sul perché fossero finiti in quel modo e mi sono detto che non è colpa loro, ma di come sono stati allevati dalle famiglie. Mi sono dunque anche detto che questi ragazzi avessero bisogno di qualche dritta: “in questo momento o mi ubriaco (demoni chiusi in un frigobar) oppure prendo un fucile e sparo a tutti (mi è venuta voglia di sterminare tutta l’umanità …. Questa È la canzone più cattiva dell’album ). C’è poi invece la figura dell’angelo che se ne va e pensa che ha perso e non vuole rimanere sulla terra, è una sconfitta anche degli angeli: l’uomo è più cattivo del bene. È un brano molto drammatico per me, lo amo e vedo che è molto amato. Il cielo sopra Milano è nata da milanese arrivato a Milano: io vivo lì da diciotto anni ma sono bresciano. Vivere questa città all’avanguardia, cantieri aperti, grattacieli che sorgono davanti casa in poco tempo, Milano non sempre vincente. Dentro di me ho pensato che c’è un prezzo da pagare a tutto questo ed ho scritto la canzone, con un po’ di amore e di inquietudine verso la città, ispirandomi alla Berlino di Wim Wenders quella de “Il Cielo sopra Berlino” e ho dato quel titolo al brano”.

Nel disco ci sono due prestigiose collaborazioni con Noel Gallagher (la sua A Simple game of genius è diventata Un gioco semplice)e Ian Anderson (in Angelo Ribelle) …
“Un Gioco semplice è stato un regalo di Noel con il quale ormai c’è un bel rapporto, collaboro con la label Ignition, è stato più facile con lui che di solito non dà canzoni a nessuno. C’era questo pezzo praticamente inedito e sulla sua musica io ho messo il testo in italiano, gli è piaciuto molto e mi ha dato il permesso di usarlo. A Ian Anderson sono arrivato tramite un amico, Manni Giovagnoli, di chiare origini italiane che lavora a Londra. Venti anni fa faceva il fonico in Italia, poi si è stufato perché non c’era lavoro, è andato in Inghilterra e ha fatto una carriera pazzesca ed ora è il fonico di Ian Anderson. Un giorno sono stato ad una festa con Noel e c’erano i Jethro Tull. Io volevo fortemente conoscerli: Manni mi dà una pacca su una spalla dicendomi che con Sole Spento gli avevo salvato quasi la vita: una cosa del genere in mezzo a tante celebrità mi ha fatto molto piacere. Poi lui ha detto a Ian che, semmai avesse dovuto avere una collaborazione in Italia, l’avrebbe dovuta avere con me che per lui ero il rocker numero uno. Mi ha presentato in questo modo. Ian ha così inciso l’assolo in Angelo Ribelle , ma lo ha fatto proprio come un regalo … l’umiltà dei grandi. Io ho i brividi quando ascolto il suo assolo”.

 Desperation Horse sembra essere un ritorno alle sonorità dei Timoria.
“Mi hanno detto in molti che questo tutto disco lo è, in realtà non è stata una cosa voluta, è venuto fuori in maniera spontanea: forse, dopo la mancata reunion, ero pronto nella mia testa a scrivere un album dei Timoria. È stato scritto su diversi giornali che questo è il mio disco “più Timoria”, lo prendo come un complimento, si vede che invecchiando torno indietro “.

 Sei molto legato alla canzone Freak Antoni.
“Freak Antoni è stato secondo me molto sottovalutato in Italia, un genio del genere andava celebrato meglio, cosa che non è successa alla sua morte: Freak ha dato tanto remando sempre contro tutto e tutti, è un personaggio che avrebbe meritato di più. Anche per questo ho deciso di scrivere il pezzo che poi ho presentato alle selezioni di Sanremo, ma non è stata accettato. Sapevo che Freak avrebbe voluto tornare a Sanremo prima di morire: ho contattato la sua famiglia dicendo che l’avrei portato io a Sanremo con la mia canzone, purtroppo poi così non è stato. Ci sarà comunque un’operazione su lui legata anche alla canzone prossimamente”.

 Il disco si chiude con Sorridimi che dopo la rabbia che emerge nelle altre canzoni, porta una sorta di ottimismo finale.
“Potremmo chiamarlo l’ottimismo della volontà che è contrapposto al pessimismo dell’intelligenza: questo potrebbe essere il senso del brano. Sappiamo che le cose oggi sono messe male: a me dopo la rabbia è venuta anche la voglia di fregarmene, tipo prendere un aereo, partire ed andare in India, la rabbia di ragionare in questo modo, succede anche in coppia spesso. Ci ho ripensato chiedendomi cosa fare nei confronti delle nuove generazioni, dei nostri figli: si deve pensare al loro futuro visto che loro non sono in grado di farlo da piccoli. In quel sorriso di mia figlia confesso la mia sincerità ed inadeguatezza , non so cosa farò, però se tu mi sorride in quel modo io esco di casa e salverò il mondo, mi impegnerò ancora di più nel mio piccolo a migliorare le cose. Io posso con le mie canzoni cercare di far capire qualcosa, potrebbero farlo anche i miei colleghi : se lo facessero i rapper sarebbe fantastico visto che sono così seguiti, ma ne vedo pochi di combattenti, quelli che ci sono non vengono passati dalle radio, forse fa paura di certi argomenti.
I Timoria furono i primi a fare un esperimento fantastico fra rap e rock con i 99 Posse nel 1995”.

A proposito del rock in Italia negli anni ’90: è stata un’epoca d’oro con tanti nomi illustri (Timoria, Litfiba Marlene Kuntz, Afterhours ecc.), dunque forse irripetibile.
“È stata una bella nidiata. Noi che siamo un po’ più grandi ci ricordiamo i mitici anni’60, i ’70 sono stati anni di contrapposizione e grande impegno politico, non potevi cantare se non eri politicizzato.
Gli anni ’90 stanno vivendo oggi di un revival anche fra i ragazzini, proprio come è successo ai’60 in precedenza. I ragazzini vengono da me come fossi un mito chiedendomi come fossero proprio quegli anni’90 con tutte le band tipo i Timoria, Afterhours, Litfiba, Marlene Kuntz ed altre. Quando io leggo che io sono il pioniere del rock in Italia insieme a Piero e Ghigo penso che in realtà non me ne sono mai accorto. Quando uscì Colori che esplodono dei Timoria nessuno cantava il rock in italiano, dopo i nostri dischi e quelli dei Litfiba anche le case discografiche hanno iniziato ad investirci. Dopo che vincemmo il Premio della Critica con L’uomo che ride al Festival di Sanremo, molte band andarono a Sanremo. Mi piace citare anche i Denovo come pionieri, erano un po’ più new wave, ma erano una grande band”.

 Se tu dovessi scegliere un tuo disco quale e perché?
“È come scegliere fra i miei figli, non riesco a farlo. Emotivamente sicuramente saprei dire quale è per me il più matto e folle che ho inciso in tutta la mia carriera compresi quelli dei Timoria: è il primo da solista, Beatnik. È diventato un disco di culto, qualcuno dice che sia il mio migliore, per me è una pazzia. L’ho inciso in una settimana a Brera nel quartiere Bohemien di Milano, dormivamo una o due ore in studio in terra, con dei jazzisti ed alcuni dei Timoria che mi venivano a trovare ed ospiti pazzi, gente che entrava e andava poi via. Sono successe cose pazzesche in quei giorni, nel disco sono finite anche nostre voci mentre festeggiavamo di notte. Erano canzoni che andavano dall’heavy metal al jazz: penso che l’ispirazione maggiore in quel momento forse potevano essere i Faith No More o i progetti solisti del loro cantante Mike Patton o di John Frusciante o Syd Barrett. Era una maniera per staccare dalla musica dei Timoria.
Per un mese volevo fare una pazzia, volevo recitare come fece Piero Ciampi, con in mente la Beat Generation. Mi consideravano all’epoca un mezzo scemo se leggevo poesie dal vivo, oggi le pretendono.
Mi fa un grande piacere vedere Il Teatro degli Orrori che tanti anni dopo ha ripreso il mio modo di vedere le cose. In quel disco potevo fare ciò che volevo con il benestare della casa discografica. Quell’album mi è valsa la Targa Ciampi che mi ha arricchito molto vista l’ammirazione che nutro nei confronti dell’artista Ciampi”.

Il brano Sangue Impazzito dei Timoria è stato utilizzato per ricordare la morte del grande campione di motociclismo Nicky Hayden: che sensazioni hai provato?
“ Mi sono commosso: tutti i motociclisti che iniziano a sgasare per ricordare Hayden come loro usanza e sento in sottofondo un arpeggio di chitarra che sembrava Sangue Impazzito, in realtà era proprio la nostra canzone, è stato da brividi. La canzone dice “… un giorno ho detto addio” mi ha fatto la pelle d’oca. Sentire i versi della canzone (“Uomini, domenica, gente che allegra va …) sembrava scritta per quella occasione.
Nel momento del mio assolo ho visto scorrere le immagini di Hayden … è stato come se fosse mio fratello … sono cose impagabili che solo l’arte ti regala. Dopo ventiquattro anni è stata utilizzata quella canzone: la qualità è un investimento sul tempo …. che emozione sentire Sangue Impazzito in un’occasione così”.

 Tornando al periodo dei Timoria quale disco ti è rimasto maggiormente dentro?
“Quelli più difficili. 2020 Speedball è meraviglioso ad esempio, ma quella fu una fase durata soli due anni. Aprivamo concerti dei Sepultura e Aerosmith, mi sono trovato, dopo Senza Vento, che era un disco hard rock prog concept, ad essere l’idolo dei metallari con 2020 Speedball. Io non sono mai stato metallaro, non lo erano neanche i Timoria che guardavano forse più al grunge alla Pearl Jam o Soundgarden.
Quel disco aveva il linguaggio che in quel momento andava per la maggiore e ci rappresentava di più allora, ma lo vedo come una fase, non lo sceglierei come manifesto della band. Ci sono dentro delle cose straordinarie e questo non lo fece all’epoca comprendere molto, invece per me va rivalutato.
È un album molto coraggioso, eravamo diventati famosissimi dopo Senza Vento ed invece virammo verso un’altra direzione, lo considero un disco molto sperimentale e ci sono molto affezionato.
2020 Speedball è stato un esperimento che non ha avuto un seguito. In seguito con Eta Beta tornammo un po’ allo stile precedente: in quel periodo lavorammo molto in Francia e si sente nell’album.
Facevamo tour con i Noir Desir, Les Negrettes Vertes e Manonegra. Al cantante de Les Negrettes Vertes, che era un gitano, ho regalato una collanina che mi aveva donato mia madre quando avevo 18 anni.
Poco tempo dopo è morta mia madre e dunque in quel momento avrei voluto avere quella collanina con me. Quando ho letto che anche lui era morto, ho sperato dentro di me che potesse portare con sé la collanina donandola di nuovo a mia madre”.

Come se non ci fosse un Domani è un album molto adatto alla situazione live …
“Stiamo girando live, non è il vero tour promozionale del disco: è ancora quello denominato “Omar Pedrini dai Timoria a Oggi”. Sono come Neil Young o Bob Dylan: da venticinque anni dove mi chiamano suono.
Ad ottobre girerò tre mesi nei club in Italia con il disco nuovo e le mie hit. Ad aprile dell’anno prossimo, finito il tour italiano, andremo in Inghilterra per tre date a maggio e poi nelle capitali europee”.


Tracklist “Come se non ci fosse un Domani”:

Come se non ci fosse un domani
Fuoco a volontà
Dimmi non ti amo
Il cielo sopra Milano
Un gioco semplice
Angelo Ribelle
Desperation Horse
Ancora Lei
Freak Antoni
Sorridimi

PIERO VITTORIA PER FULLSONG

 


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