Bellissimo inciso del brano di apertura dal titolo “Lo Strano” che la dice lunga, credo, sulla filosofia tutta di questo disco che attinge alle strutture sociali della provincia e più che evaderne le accoglie e le coccola… a dire il vero alla fine è da dentro il bar di quartiere che suona, scrive e pensa. Giacomo Toni ci aveva un poco disorientati e molto affascinati con quel 45 Giri pubblicato da L’Amor Mio Non Muore in cui trovavamo “Codone lo sbirro” e il singolo di lancio “Ho perso la testa”.
Piano punk anziché funk, forte decisamente di carattere anziché piano di adagi e dettagli. Un piano che immagino alla Jerry Lee Lewis, suonato in piedi mentre prende fuoco la pancia e tutta la sua cassa armonica. Si intitola “Nafta” pubblicato da Brutture Moderne ed è un racconotarsi dal di dentro immersi nei motori, nel sesso, nelle droghe e sicuramente nelle stranezze… per quando alla parola stranezza si restituisce il significato di realtà vera delle cose. Toni prende le distanze in modo marcato da una forma canzone ruffiana e glitterata, dalla canzone d’autore accademica di cui ha fatto incetta nel bellissimo progetto “Gli Scontati” con il buon Kruger. Prende le distanze anche dai suoni scelti al computer o disegnati a tavolino. “Nafta” infatti nasce e resta (quasi totalmente almeno) dal vivo e non la manda a dire e non usa righe false dietro cui nascondersi. Per questa ragione il punk di Toni sposa l’assurdo di una forma quasi teatrale di suoni e di testi, tra le tante citazioni e quei personaggi onirici della provincia di tutti i giorni, della sua provincia… ma in fondo ognuno di noi che vive la provincia, quella della nebbia, quella del bar e delle luci dei lampioni alle sette la sera, finisce prima o poi per incontrare un suo codone lo sbirro. E chi non è stato tacciato di stranezze solo perché aveva un disco piuttosto che un libro anziché magari la passione del teatro. Bellissima tra queste “Il porco venduto che sono” dove Toni narra i vari mestieri che ha fatto in una filastrocchevole composizione alla Nanni Svampa o comunque a quella scuola ironica e teatrale della Milano di qualche anno fa. E il “Diavolo marrone”, che poi sarebbe l’eroina, è solo la scusa per il nostro cantastorie di colorare quel certo modo le storie che lo circondano in un “punk” un poco circense, forse uno dei momenti più noir quasi Tom Waits del disco… ma quasi però. Si chiude “Nafta” con una bellissima “Inchiodato a un bar”, dove il piano si appoggia in una melodia che richiama tantissimo la scuola di Jannacci. Il nichilismo che spesso combatte Toni qui è letteralmente steso dalla poesia di chi come lui nella controcultura trova riparo e ragion d’essere… per se stesso come uomo prima e come artista cantautore poi. Un disco da ascoltare molto molto attentamente.
Giacomo Toni: con “Nafta” fa la parte di quello “Strano”
E dopo un 45 Giri ecco un intero disco digitale per Giacomo Toni.
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