Una nuova intervista a Zibba, stavolta all’indomani della sua collaborazione con Eugenio Finardi e a poco tempo dall’uscita del suo nuovo album. Cerchiamo di catturare qualche semplice indiscrezioni sul nuovo lavoro di Zibba in pubblicazione nel mese di Maggio.
Piero Vittoria: “Zibba e Finardi. Due registri di voce e due stili di musica molto differenti, forse. Qual è l’ingrediente segreto che vi unisce sotto la stessa musica? Zibba ultimamente lo stiamo scoprendo sempre più spesso come autore…”
Zibba: “L’ingrediente segreto è l’essere genuini. Ho trovato in Eugenio una persona favolosa, e collaborarci è stato davvero bello tanto, che spero non finisca qui. Magari un giorno poter scrivere ancora insieme. Finardi è un mito, ma non uno di quei miti sepolti dalla loro storia. Bensì un artista sempre in viaggio, sempre in ballo che ha da dire ancora molto e da insegnare molto a tanti artisti italiani. Lavorare a fianco ad un maestro simile mi è servito molto, e non smetterò mai di ringraziarlo.”
P.V.: “Come il suono dei passi sulla neve”: non abbiamo altri elementi per pregustare questo nuovo lavoro ma questo titolo mi lascia immaginare sapori intimi e atmosfere di emozioni tutte personali. In senso assolutamente positivo e di crescita: è una “seconda cura per il freddo“?”
Z.: “Eh lo so, il titolo lascia pensare questo. Ma no. Non è il sequel della cura. Un disco intimo si, sicuramente non mancherà in questa aspettativa. Ma di “una cura per il freddo” si porta dietro solo alcune atmosfere. Scavando profondamente in me stesso haimè vengono fuori le peggio cose, e questo fa si che ogni disco nuovo abbia tra le righe parte di questo continuo viaggio. Musicalmente affronta ancora nuovi spigoli, e credo sarà una bella sorpresa per chi ci conosce da tempo.”
P.V.: “Gli Almalibre sempre al tuo fianco ma ad oggi con una qualche leggere modifica. Daniele Franchi lascia la band: chi lo sostituisce e che cosa porta di nuovo? E cosa lasciate per sempre?”
Z.: “Daniele lascia il posto a Stefano Ronchi, che porta di nuovo un fantastico suono di Dobro, mezzo metro in più di presenza sul palco e una grande padronanza del suo strumento. Come Daniele fa parte di quella scena di chitarristi talentuosi che non ti puoi lasciar scappare. Sono esseri preziosi, musicalmente e umanamente e sono lieto di sapere che comunque un pezzo di strada hanno deciso di farla con me. E vale per tutti gli Alma che oggi mi permettono di salire sul palco con la formazione ideale per quello che voglio comunicare musicalmente. Anche l’arrivo di Stefano Riggi, il sassofonista, ha portato un’altra ventata di fresco ed è stato accolto da tutti in modo entusiastico. Cosa lasciamo sempre? Beh, io e il Bale siamo qui dal giorno in cui siamo nati e dire che possiamo anche star tranquilli sulla nostra presenza… per il resto spero che restino sempre tutti, ma non posso biasimare chi vuol fare la propria strada. Fortunatamente la gente ha voglia di fare delle cose. C’è da esserne lieti.”
P.V.: “Un disco quasi interamente registrato nel comune di MOIE nelle Marche. In particolare dentro una vecchia fornace. Ma c’è anche elettronica a contaminare questo disco, giusto? Insomma dove stai cercando di andare? Una direzione sonora e artistica precisa oppure ti stai avventurando seguendo semplicemente il gusto artistico e il momento di crescita e di ispirazione?”
Z.: “La seconda che hai detto. Mi lascio trascinare senza pensare troppo al chi e come. Ho imparato da tempo che essere autentici con noi stessi aiuta a far arrivare il sentimento giusto agli altri. Tutto qui. Si sperimenta, si prova e si fanno scelte dettate dalla passione. Registrare in un forno per i mattoni non è una cosa normale, me ne rendo conto. Ma a noi è piaciuto così, e siamo certi che le sensazioni provate in quei momenti arriveranno anche a chi ascolterà il disco. L’elettronica è un piccolo input innovativo rispetto ai nostri soliti canoni, e ci siamo fatti aiutare da Alberto Pozzo Tebani che ha dovuto lottare contro il suo essere più estremo per adagiarsi dolcemente sulle nostre sonorità. “
P.V.: “Una Cura per il Freddo” ha praticamente lasciato un segno in quasi ogni vetrina promozionale del circuito indipendente. Ad oggi sei considerato uno dei cantautori di spicco del nuovo mondo musicale italiano. Forse banale chiederlo: e adesso? Cosa insegui?”
Z.: “E non mi fare questa domanda che già sono in paranoia! Non lo so, vado avanti. Andiamo avanti. Non posso ripercorrere la stessa strada del disco precedente, ma sono certo ci saranno altre cose da fare. Di certo mi piacerebbe iniziare a lavorare più intensamente come autore per altri, perchè in questi ultimi due anni l’ho fatto diverse volte e mi è piaciuto molto. Il disco ci riserverà di certo delle bellissime cose, ma le voglio scoprire. Come sempre. Senza programmare nulla, lasciando che sia il disco a portarci dove vuole.”
P.V.: “Ti ricordi di Zibba al suo primo concerto? Come sei cambiato in questi anni? Com’è cambiato il tuo pubblico lungo tutto questo percorso? E soprattutto: cos’è oggi ZIBBA che non avresti mai immaginato?”
Z.: “Zibba al suo primo concerto si chiamava ancora Sergio, e aveva una salopette di jeans, una camicia di boscaiolo e un cappello da rapper. Aveva tredici anni ed era timido. Non sono cambiato molto. Continuo a non essere capace a ricevere i complimenti perchè sono timido, continuo a non credere che qualcuno possa cantare le mie cose da sotto un palco e continuo a provare lo stesso brivido che quel brano di Albert King segnò a fuoco sul mio petto quel giorno. Cosa non avrei mai immaginato di diventare? Non so, forse una persona che non si accontenta. Che non sbava dietro le mode. Che non si lascia abbindolare dalle malizie del mondo indie fatto di mode e modi di essere. Da ragazzino ero più influenzabile. Mi piaceva sentirmi dire bravo. Ora non più, mi piace guadagnarmi anche il minimo sguardo di consenso con un gesto che abbia dentro tutto lo sforzo possibile per essere autentico e salvo da tutte le cazzate che la musica spesso di mette attorno e addosso. Sono fiero di me, e questo mi sembra tanto.”
P.V.: “Lasciaci con una fighissima indiscrezione su questo nuovo disco”
Z.: “In questo disco, nella seconda traccia, non canta Mick Jagger! ahah… let it snow, fate piano che i sognatori dormono… Grazie!”
Intervista a cura di Piero Vittoria.