Si chiama Nicola Lancerotti, è italiano, di Padova, ma vive in Belgio. E’ un compositore, arrangiatore, musicista. Laureato in ingegneria a pieni voti. Dopo l’Università decide di girare per l’Europa e scopre di poter fare della sua passione musicale il suo lavoro. Tra un concerto e una session in studio di registrazione, sogna di suonare delle “improvvisazioni guidate” sulla base dei quadri di suo zio. Il suo debut album – una sorta di apertura verso il mondo esterno – è stato registrato con Jordi Grognard ai fiati, Daniele Martino al sax tenore e Nelide Bandello alla batteria. Si intitola SKIN ed è stato pubblicato dall’etichetta dENRECORDS.
Ecco l‘intevista a Nicola Lancerotti realizzata da Piero Vittoria, in esclusiva per Fullsong.
“Cominciamo con il titolo, perchè proprio SKIN?”
“Il disco ci chiama si SKIN perché il concetto di pelle come entità di separazione tra il mondo esterno e quello interno mi ha sempre affascinato. Essendo questo il mio primo disco da leader, mi sono trovato di fronte alla necessità di dover mettere a nudo il mio mondo interiore (rappresentato dalle mie composizioni) e di dover ridurre lo strato epidermico di separazione tra me e il mondo esterno”.
“Come mai Bruxelles?”
“Mi sono trasferito in Belgio 10 anni fa, non appena presa la laurea in ingegneria, in seguito al desiderio di studiare musica a livello universitario e approfondire un interesse sviluppato precedentemente con alcune lezioni in una scuola di musica privata. Dopo l’università, si è profilata l’idea di diventare musicista professionista, per cui ho cominciato a valutare le opzioni che avevo davanti a me. In Italia in quegli anni non esistevano i diplomi di jazz al conservatorio, esistevano solo i bienni per diplomati in strumento o le scuole private tipo Saint Louis College di Roma. Questi dati di fatto, uniti alla voglia di vedere un’altra parte di mondo, mi hanno spinto a cercare qualcosa di nuovo nel resto d’Europa. Ho trovato dapprima il Conservatorio de L’Aja in Olanda… Bruxelles è arrivata per caso in seguito a varie vicissitudini e una volta scoperta non l’ho più abbandonata”.
“dENRECORDS: come la scelta di rivolgersi a questa label?“
“dEN faceva semplicemente parte della mia lista di contatti su Soundcloud. Mi sono rivolto da subito a Stefano Ferrian (direttore dell’etichetta ndr.) per proporre la mia musica. Sul loro profilo online infatti, avevo ascoltato un campione di ciascuna delle uscite discografiche e ritenevo che anche il mio disco potesse comodamente entrare in quel mondo. Devo dire che Stefano rispose rapidamente e con entusiasmo, da allora è stata una continua scoperta. Sono molto contento della mia collaborazione con lui e anche l’aspetto grafico dell’etichetta contribuisce alla mia soddisfazione. Un layout semplice ed efficace. Ho lasciato da subito totale libertà al grafico e alla prima bozza ero già esaltato e sorpreso da come il senso del mio disco era stato reso in una sola immagine”.
“Nel disco ci sono brani scritti e improvvisazioni libere. Su quale equilibrio si reggono ?“
“Tutto il disco è in realtà in oscillazione tra scrittura e improvvisazione. Mi sento costantemente sospeso tra il mondo del jazz tradizionale e quello dell’improvvisazione totale, senza voler appartenere rigidamente a nessuno dei due. Per poter improvvisare in totale libertà ho bisogno di una scusa tematica che differenzi i pezzi l’uno dall’altro, anche perché dinnanzi al vuoto dell’improvvisazione soffro di vertigini. Il concetto su cui mi baso è che in ogni pezzo si possano prendere direzioni inaspettate, in modo tale da vivere la sensazione di libertà che può dare in generale l’improvvisazione totale. Ho voluto comunque lasciare una parte del tempo di registrazione alle sperimentazioni, perché è un momento importante per la coesione del gruppo, in cui tutto è possibile. Abbiamo quindi registrato una dozzina di episodi in varie formazioni, di cui abbiamo tenuto quei cinque che appaiono sul disco”.
“Da quanto tempo esiste il suo gruppo e che progetti futuri avete?“
“La band esiste da circa tre anni. Mi piacerebbe per il futuro affinare il repertorio con nuove composizioni e portare di più in giro il gruppo. Parallelamente sto immaginando delle “improvvisazioni guidate” da associare ad alcuni quadri del mio zio pittore – Bruno Gorlato – per una serie di concerti che saranno accompagnati da proiezioni”.
“SKIN è affascinante ma difficile, che reazione si aspetta da un suo ascoltatore ?“
“Non ne ho idea. Mi auguro che se ne possa sentire tutta l’onestà, la sincerità. SKIN è un disco in cui, nonostante tutto, la melodia resta l’elemento più importante. Spero arrivi questo. Poi ognuno vive le cose a modo suo ed è giusto anche che il piaccia molto ad alcuni e meno ad altri”.
Intervista a cura di Piero Vittoria