– Come nasce Andrea Manzoni musicista?
“Nasce quasi per caso, inciampando in un pianoforte in tenera età a casa di un amico. E’ stato amore a prima vista. Una sensazione strana che non avevo mai provato. Avevo circa 10 anni e da allora tutto è ruotato attorno alla musica dallo studio ai lavori che svolgo oggi”.
– Perchè un titolo così curioso per il suo disco?
“Si pensa subito ad un concetto legato alla fisica quantistica ma in realtà va oltre al significato di “Quanto”. Mi piace pensare di unire l’uomo alla sua musica e al suo processo creativo, in modo inscindibile”.
– “Quantum Discord” è stato definito un disco camaleontico, per la grande varietà negli arrangiamenti e nelle strutture dei brani: si passa in scioltezza da esecuzioni in piano solo, ad altri più “pieni”. Insomma sono tanti gli spunti che offre all’ascoltatore. Se lei dovesse trovare una definizione per l’album e per la musica che lei suona quale sarebbe?
“Lo definire un album crossover con il significato più contemporaneo e moderno che si possa attribuire a questo termine. Andare oltre i manierismi. Trovare la naturalezza nell’immergersi in un brano rock come “Synaptic Disconection” per poi passare a Variazioni in piano solo esplorando le timbriche che il pianoforte può dare. Non avere vicoli”.
– Personalemente amo molto “Nightmoth variation”: come l’ha composta?
“Nightmoth variation è il mio lato più “dark”. Si va in profondità, giù, sino a toccare le corde delle mie radici. Le paure, le inquietudini, la solitudine interiore alla quale si è costretti nel momento in cui si decide di ricercare e di fare della propria musica la propria vita, il rigore nello studio. Un ritorno alla musica colta per quanto riguarda la forma ma senza mai abbandonare la matrice dell’improvvisazione. Reputo la parte centrale del disco la più difficile da ascoltare, ma allo stesso tempo la più profonda”.
Intervista a cura di Piero Vittoria