Schivo prima del concerto. Poi sul palco si trasforma in un “giocoliere” di parole. Canzoni né retoriche né banali. Così definisce i suoi brani l’abile comunicatore con ben 30 anni di successi. Storie vere dense di metafore. A bando però la “fasullaggine”.
“Quello che canto l’ho vissuto sulla mia pelle“. È Roberto Vecchioni a rompere il ghiaccio con la sua Samarcanda prima del suo unico concerto in Basilicata. Con chitarre, violino e flauto anche gli arrangiamenti diventano un’arte. Ma è la viola lo strumento preferito da Vecchioni. In più di due ore di concerto a Sant’Angelo Le Fratte non sfugge al noto cantautore la questione italiana e non sorvola sul fatto che “la democrazia ha un limite“.
“Cosa dico a Calderoli? Ma che mestiere fa Briatore? Forse è celebre solo per decreto“. Ed ancora “può la poesia salvare il mondo? No, ma bisogna scriverla“.
È questo il Vecchioni che trasforma in versi anche la storia di quei poeti che “sposano il cielo con un pensiero“, come Van Gogh e Paul Gauguin.
L’arte della musica di Vecchioni con Sogna ragazzo sogna diventa “un bagaglio di speranze anche per i giovani, per quei tanti spaventati guerrieri o piccoli comici“.
A fine concerto Vecchioni però ha sganciato una promessa: ha annunciato un suo ritorno in Basilicata.
Professore e cantautore: un Vecchioni dalla duplice veste?
In realtà sono sempre lo stesso. Quello che mi batte dentro è la curiosità di scoprire cosa pensano gli uomini. Da professore con i miei studenti e da cantautore con quanti apprezzano la musica.
Cos’è la musica per Vecchioni?
Una gran percentuale della mia vita. Musica per me non è solo scrivere ma è anche quando l’ascolto. C’è in tutte le cose. Ogni cosa ha un suo ritmo.
Un Vecchioni quasi sempre mosso da uno spirito critico. Anche nel centrosinistra? Nel suo concerto ha detto che la democrazia ha un limite. Ed allora cosa dice ai nostri politici?
Ho le idee chiare. Si è mischiato tutto, stanno ingannando tutti. Ora è il gossip quello che conta. Si prospetta sempre di più una crisi che porterà tutti i nodi al pettine. Per l’Italia sarà solo un boom negativo.
Come va il settore discografico in Italia?
Malissimo, ma lo si doveva sapere già 15 anni fa. La musica è nell’etere, ormai c’è internet.
Com’è la musica italiana oggi?
Ci sono quelli che si rinnovano, anche se gli ascolti restano bassi. Oramai fa successo tutto ciò che è scontato. Ci sono stati gli anni 60/70, un periodo fondamentale per la musica italiana. Poi un lento mortorio. Ma c’è ancora qualcuno che salva la faccia come Battiato, De Gregori, Gino Paoli. Sono delle stelle in cielo.
Intervista a cura di Angela Scelzo