Negli anni ’60, il western tradizionale americano, quello fatto di eroi senza macchia e paesaggi idealizzati, iniziava a perdere presa sul pubblico. Dopo decenni di film in cui il bene e il male erano nettamente separati, il pubblico cercava storie più complesse e personaggi moralmente ambigui. In questo clima di cambiamento, l’Italia, e in particolare Sergio Leone, avevano già iniziato a ridefinire il genere con i cosiddetti “spaghetti western”.
Con la “trilogia del dollaro” – Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966) – Leone aveva introdotto un linguaggio visivo nuovo, fatto di primi piani estremi, montaggi dilatati e un uso della musica mai visto prima. Ma con C’era una volta il West (1968) l’obiettivo era più ambizioso: creare un’epopea sulla fine del West, un’elegia visiva e sonora che fosse al tempo stesso omaggio e superamento del genere.
Il sodalizio Leone–Morricone
Ennio Morricone e Sergio Leone si conoscevano fin dall’infanzia, ma fu nel cinema che la loro amicizia si trasformò in una collaborazione artistica leggendaria. Leone vedeva in Morricone non solo un compositore, ma un co-sceneggiatore musicale. La musica non arrivava alla fine del processo, ma era parte della scrittura e delle riprese.
Per C’era una volta il West, Leone chiese a Morricone di comporre i brani prima ancora di girare il film. Il regista voleva girare le scene ascoltando la musica sul set, così che attori e movimenti di macchina fossero scanditi dal ritmo e dall’atmosfera delle composizioni. Questo approccio innovativo permise una fusione totale tra immagine e suono.
La creazione dei temi principali
Morricone strutturò la colonna sonora come una galleria di ritratti sonori, uno per ciascun personaggio centrale:
- Jill (Claudia Cardinale): melodia lirica e avvolgente, cantata da Edda Dell’Orso, che esprime al tempo stesso fragilità e determinazione. È il cuore emotivo del film.
- Harmonica (Charles Bronson): poche note ripetute di armonica a bocca, immerse in un’atmosfera sospesa, simbolo di mistero e vendetta.
- Frank (Henry Fonda): tema cupo e minaccioso, dominato da ottoni gravi e archi tesi, perfetto per un antagonista freddo e spietato.
- Cheyenne (Jason Robards): melodia calda e ironica, quasi da ballata popolare, che rispecchia la sua natura ambigua ma leale.
Analisi tecnica: orchestrazione e innovazioni sonore
La partitura alterna pieni orchestrali a passaggi minimalisti. Morricone usa strumenti tradizionali come archi e fiati, ma li arricchisce con elementi non convenzionali: fischi, chitarre elettriche, rumori metallici, campane, percussioni insolite. L’armonica, registrata con un microfono ravvicinato per esaltarne il respiro e i difetti, diventa un simbolo narrativo oltre che musicale.
Il tema di Jill è costruito su un ampio tappeto di archi, con arpa e oboe a dare un tocco di delicatezza. Il tema di Harmonica, al contrario, è basato su una cellula melodica ripetuta, che cresce in intensità man mano che si avvicina la resa dei conti.
La sequenza iniziale: il silenzio come strumento narrativo
L’apertura del film è una lezione di regia e sound design. Tre pistoleri aspettano alla stazione. Per quasi dieci minuti, nessuna musica: solo il cigolio di una pala, il gocciolio dell’acqua, il ronzio di una mosca. Questo silenzio carico di tensione prepara l’ingresso dell’armonica di Bronson come una lama che taglia l’aria. È una scelta coraggiosa che dimostra quanto Leone e Morricone sapessero usare il suono in tutte le sue forme.
Scene chiave e dialogo tra musica e immagini
L’arrivo di Jill a Flagstone
Jill arriva in città e il suo tema accompagna ogni passo, trasformando un gesto semplice in un momento epico. La melodia si apre come l’orizzonte che la donna osserva, e la musica amplifica la sensazione di trovarsi di fronte a una nuova vita.
Il duello finale tra Harmonica e Frank
La musica qui è una partita a scacchi sonora: i temi dei due personaggi si intrecciano, si sfidano, si sovrappongono. Il crescendo orchestrale coincide con il flashback che rivela il passato di Harmonica, dando alla vendetta un significato emotivo potentissimo.
La morte di Cheyenne
Morricone accompagna questa scena con una versione rallentata e dolce del tema di Cheyenne. La musica diventa una carezza di addio, trasformando un momento tragico in un epilogo poetico.
Curiosità e aneddoti
- Il tema di Jill fu registrato in diverse versioni per adattarsi a scene con tono emotivo diverso.
- Henry Fonda inizialmente rifiutò il ruolo di Frank: fu la visione di Leone con la musica di Morricone a convincerlo.
- L’armonica scelta per il film era volutamente “scordata” per dare un suono più ruvido.
- Il film ebbe un’accoglienza tiepida negli USA, ma fu un trionfo in Europa e divenne un cult internazionale.
Ricezione critica e influenza culturale
Con il tempo, la colonna sonora di C’era una volta il West è diventata un punto di riferimento per musicisti e registi. Quentin Tarantino ha spesso citato Morricone come ispirazione, e alcuni brani del film sono stati riutilizzati in pubblicità, spettacoli e concerti sinfonici. L’opera dimostra come una colonna sonora possa non solo accompagnare, ma definire l’identità di un film.
Conclusione
Morricone non si è limitato a scrivere musica: ha creato un linguaggio sonoro che dialoga con la macchina da presa di Leone. C’era una volta il West è un esempio perfetto di come cinema e musica possano fondersi in un’unica esperienza artistica. A più di cinquant’anni dalla sua uscita, questa colonna sonora continua a emozionare e a ispirare, rimanendo un monumento della cultura popolare.
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