Biografia di Tracy Chapman

Tracy Chapman è la dimostrazione vivente che si può avere successo, e tanto, anche senza puntare sull'immagine e sulla voglia di stupire a tutti i costi.
La sua musica e i suoi testi parlano per lei: canzoni ispirate che riescono a far

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Tracy Chapman è la dimostrazione vivente che si può avere successo, e tanto, anche senza puntare sull’immagine e sulla voglia di stupire a tutti i costi.
La sua musica e i suoi testi parlano per lei: canzoni ispirate che riescono a far riflettere gli edonisti Stati Uniti di fine anni ottanta, ma anche melodie efficaci cantate con voce profonda e affascinante, che fanno riemergere l’arte del songwriting da un oblio durato troppo a lungo.

 

Nata il 20 marzo del 1964 a Cleveland (Ohio, USA), Tracy Chapman ha saputo incarnare la coscienza civile del suo paese come pochi altri artisti dell’epoca (Springsteen, R.E.M., 10,000 Maniacs).
Presa in mano la chitarra fin da bambina, Tracy comincia ben presto a scrivere dei brani, e nell’adolescenza, trasferitasi nel Connecticut, inizia a esibirsi come folksinger.

Il vero colpo di fortuna per la sua attività musicale, però, verrà dal suo impegno scolastico, grazie al quale l’artista riesce a ottenere una borsa di studio decidendo di entrare alla Tuft University per studiare Antropologia e Cultura Africana. Qui inizia a esibirsi nelle coffeehouse studentesche, e il caso vuole che venga ascoltata da un suo compagno, un certo Brian Koppelman, figlio di Charles Koppelman, direttore dell’SBK Records di New York, una label caratterizzata da uno spirito anticonformista e aggressivo. Il gioco è fatto: nel 1986, dopo l’ascolto di alcuni provini, la Elektra la mette sotto contratto, affidandola al produttore David Kershenbaum.

Da un repertorio di più di cento canzoni scritte nel corso di pochi anni, Tracy ne sceglie undici per l’incisione del suo primo LP (“Tracy Chapman”, 1988), che ottiene immediatamente i favori della critica. Alle recensioni entusiastiche segue il vero e proprio successo: forte di brani come “For My Lover”, “Fast Car”, “Talkin’ Bout A Revolution”, l’album si piazza stabilmente al primo posto delle classifiche statunitensi.

Il suo stile è dimesso, sottotono: Tracy non è una rockstar, non ha bisogno di scandalizzare il suo pubblico e di irretirlo, per stregarlo le basta la sua voce e la fedele chitarra. E la potenza dei suoi testi, che parlano di eguaglianza e discriminazione, di pace e rivoluzione, di storie e sentimenti. Frasi che condensano in una riga significati enormi: ‘They kill the dream of America’ canta Tracy con voce vibrante in “Across The Lines” e all’improvviso ci si rende conto che non esiste solo il pop patinato di superstar come Madonna e Michael Jackson.

Quello stesso sogno americano dato per morto continua a sopravvivere con dignità grazie alla profondità e alla sensibilità di autori come Tracy Chapman che lo incarnano nella maniera più genuina.

Il successo della piccola cantautrice senza peli sulla lingua, la chiamano la ‘Bob Dylan in gonnella’, si propaga un po’ dappertutto e alla fine il ‘fenomeno Tracy Chapman’ vende più di 10 milioni di copie nei soli Usa, fruttando all’artista ben quattro Grammy Award.

Per la folksinger inizia d’ora in avanti il periodo più impegnato, sotto tutti i punti di vista: le sue esibizioni sono spesso per cause civili e di presa di coscienza come il “Mandela Day” a Wembley, e si aggrega, nel quarantesimo anniversario della dichiarazione dei diritti dell’uomo, al tour “Human Rights Now!” affiancando artisti come Peter Gabriel, Youssou N’Dour, Bruce Springsteen e Sting.

Nel 1989 arriva subito il secondo disco completo, “Crossroads”, più politico e duro del precedente: dopo il botto dell’esordio diventa difficile per Tracy ripetersi sugli stessi livelli. Benché accolto da recensioni molto favorevoli, e nonostante il raggiungimento della nona posizione negli States, il disco esce dalle classifiche molto in fretta.

Dopo alcuni anni di silenzio l’artista si ripresenta nel 1992 con “Matters Of The Heart”, quando sembra che il grande pubblico si stia dimenticando del suo nome.

Tuttavia, con il seguente “New Beginning” del 1995, Tracy Chapman riconquista a sorpresa le chart, e mentre il singolo “Give Me One Reason” diventa una hit e la dolcezza di “The Promise” arriva dritta al cuore, l’album entra nella top 10 USA.

Il quinto album, “Telling Stories”, apre il nuovo millennio con una Tracy Chapman in gran spolvero e al livello dei suoi giorni migliori.

Passano solo un paio d’anni e viene dato alle stampe “Let It Rain”, un disco di ballate intense che raccontano storie di amori e amicizie con voce gonfia di tristezza e rimpianto o sussurrate con infinita delicatezza.

Il settembre 2005 vede l’uscita di “Where You Live”, settimo lavoro in studio della songwriter statunitense: registrato in un vecchio capannone di San Francisco adattato a studio, raccoglie 11 composizioni in puro stile Tracy Chapman, confermando per l’ennesima volta il talento e la coerenza di un’artista impegnata a dar voce all’altra faccia dell’America.

“One Bright future” è l’ottavo album in studio di Tracy ed esce l’11 Novembre 2008: co-prodotto da Larry Klein, viene trainato dal singolo “Sing for you”.

Un tour europeo inizia a Novembre, seguito da una serie di date statunitensi previste per l’inizio del 2009.

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